Australiani a caccia di miniere
Ma tu ci andresti a lavorare?

Le miniere di zinco della Val del Riso potrebbero riaprire. È quanto si può ipotizzare analizzando il crescente interesse della società Energia minerals Italia srl. Nell'Italia di oggi andare a lavorare in miniera potrebbe essere una soluzione? Dì la tua: commenta

Le miniere di zinco della Val del Riso potrebbero riaprire. È quanto si può ipotizzare analizzando il crescente interesse della società Energia minerals Italia srl. Nell'Italia di oggi andare a lavorare in miniera potrebbe essere una soluzione, per esempio per chi è rimasto senza lavoro?

Dì la tua: commenta

Ecco l'articolo pubblicato su L'Eco di Bergamo del 6 settembre

CHI PER ANNI LAVORÒ PER ESTRARRE ZINCO:
«SIAMO FAVOREVOLI ALLA RIAPERTURA»
La società Energia minerals Italia srl recentemente, dopo cinque permessi ottenuti nel 2006 (allora come Metex), ha richiesto altre cinque licenze di ricerca nell'area che da Parina va a Riso di Gorno.

«Tifiamo Australia»
Anche all'ufficio della struttura del Pirellone «ricerca energetica e attività mineraria», facente riferimento all'assessorato «Ambiente energia e reti», guidato dal bergamasco Marcello Raimondi, risultano le istanze avanzate dagli australiani. I tecnici spiegano: «L'iter per l'eventuale rilascio deve ancora iniziare. Si tratta di un'operazione che prevede il coinvolgimento degli attori del territorio, con conferenze di servizio che permetteranno di individuare eventuali controindicazioni. Precisiamo, si tratta di licenze di ricerca, non di estrazione».

È tutto quindi ancora embrionale, ma la notizia riguardante una possibile riapertura delle miniere, di questi tempi, di fronte a tanta disoccupazione, può solo che essere interessante. Ma come vede questa novità chi in miniera ci ha lavorato o si è sempre interessato di questi temi? «Tifiamo sicuramente Australia – commenta Luigi Furia, storico locale impegnato nella pubblicazione di un nuovo libro dal titolo "Le miniere di piombo e zinco della Bergamasca" –. Basta che si creino nuovi posti di lavoro e noi siamo contenti». E non si deve immaginare che oggi sia proprio un'attività così faticosa così come è stata sempre dipinta. Ora è un po' diverso. «Si opera su macchine, non a piedi – continua Furia –, si parla quindi più di operatori che minatori, persone altamente specializzate che devono usare il cervello prima che i muscoli».

Spaventa a ogni modo la polvere, imputato numero uno di un male che ha stroncato tanti minatori, specialmente durante la vecchiaia: la silicosi.
«Anche questa è diminuita parecchio – aggiunge Furia – s'impiega molta acqua per abbattere la polverizzazione». Ma lavorare in miniera un tempo non era sicuramente una passeggiata. Lo testimonia Luigi Guerinoni, oggi in pensione, ma per 22 anni addetto alla manutenzione nelle gallerie del comprensorio: «Andavo dove si guastavano tubazioni di aria e acqua. Non era facile. Si stava sempre in mezzo all'acqua, con i piedi perennemente all'ammollo. Certo tra Riso e Costa Jels c'erano delle belle differenze. Sarei stato sempre a lavorare in Costa Jels, che essendo più in alto era decisamente un luogo meno umido». Un lavoro spesso condizionato dalle condizioni meteo.

Le ricerche a Parina
«Quando pioveva – continua Guerinoni – se ti trovavi nelle condotte nella parte bassa di Riso c'era da risalire a salti. Nonostante ci fossero tre pompe in grado di buttar fuori 220 litri d'acqua al minuto, il maltempo poteva essere letale. Per arginare le inondazioni c'erano anche alcune porte stagne». C'era quindi da stare sempre attenti. «Sotto terra non si scherza – continua l'ex manutentore –. Gli errori potevano essere fatali». Erano inoltre attività particolarmente precise. «Mi viene in mente quando hanno scavato il fornello sull'avanzamento lungo 11 chilometri di Parina – ricorda il pensionato –. Avevano portato dentro una campana di metallo, ricoperta da tanti diamanti. Mai vista una cosa del genere. Ma è stato ancora più sorprendente scoprire che su uno scavo verticale di 400 metri, alla fine i tecnici avevano sbagliato di solo mezzo metro. Un errore da niente».

Con tutta probabilità le richieste di ricerca dovrebbero interessare proprio il collegamento di 11 chilometri appena menzionato. Si tratta infatti dell'area più adatta alle nuove tecniche. «Qui potrebbero entrare in funzione i Jumbo – spiega Mario Furia, ex minatore –. Si tratta di mezzi che operano con una velocità impressionante, in grado di avanzare facendo 24 fori alla volta».

© RIPRODUZIONE RISERVATA