«L'uranio di Novazza
è una risorsa per l'Italia»

«L'uranio di Novazza è un patrimonio della nostra Nazione». Sono le parole dell'ingegner Anacleto Melandri, direttore delle miniere in questione sino alla chiusura del sito dopo il referendum del 1987. Incontriamo l'ex direttore a Clusone, dove vive da anni.

«L'uranio di Novazza è un patrimonio della nostra nazione». Sono le parole dell'ingegner Anacleto Melandri, direttore delle miniere in questione sino alla chiusura del sito dopo il referendum del 1987. Incontriamo l'ex direttore a Clusone, dove vive da anni.

«Sono arrivato a Novazza - racconta l'ex dirigente Agip, ora settantanovenne - quando ormai avevano già trovato il minerale, prima lavoravo in un altro sito in Sicilia. Era un periodo in cui si cercava intensamente questo metallo, allora c'era un alto interesse anche da noi e il settore sembrava pronto a un imminente sviluppo».

«Abbiamo fatto quindi tutti i lavori di preparazione delle gallerie, allestendo quel che serve per le coltivazioni. Ma non si è mai estratto nulla. È stato realizzato tuttavia un buon lavoro di valutazione del giacimento. Il referendum ha poi fermato tutto. L'Italia ha scelto una strada diversa e a quelle condizioni era inutile spendere altre risorse». 

In questi anni Melandri è rimasto convinto che abbandonare tutto è stato un peccato. «C'erano le condizioni - continua -. Ce ne sono poche di miniere di uranio nel mondo. L'Agip poteva sfruttare questo giacimento, traendone profitto per tutta la nazione. La gente del posto inoltre vi avrebbe lavorato, invece di cercare occupazione altrove».

Oggi venendo a conoscenza dell'interesse di un soggetto straniero, la società australiana Energia Minerals, Melandri non è pienamente convinto che questa possa essere la soluzione giusta. «Non penso che sia di buon senso - spiega l'ingegnere -. È un bene che va conservato. Con il passare del tempo mentalità e tecnologia potrebbero cambiare e migliorare. Allora potrebbe servire per tutti noi. Cosa facciamo ora? Gli interessi di altre nazioni?».

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