Yara, continua l'incubo per Fikri
Dopo 22 mesi è ancora indagato

C'è un alibi (era con il datore di lavoro); il Dna sul corpo della vittima non è suo ed esiste una versione corretta e che lo scagiona della telefonata che l'aveva portato in carcere per tre giorni, nel dicembre 2010. Ma, dopo 22 mesi, continua l'incubo per Mohammed Fikri.

C'è un alibi (era con il suo datore di lavoro); il Dna sul corpo della vittima non è suo ed esiste una versione corretta e che lo scagiona della telefonata che l'aveva portato in carcere per tre giorni, nel dicembre del 2010. Nonostante questo, dopo 22 mesi, continua l'incubo per Mohammed Fikri, giovane muratore marocchino che rimane l'unico indagato per l'omicidio di Yara Gambirasio, la tredicenne di Brembate di Sopra scomparsa il 26 novembre di due anni fa e trovata morta esattamente tre mesi dopo, in un campo di Chignolo d'Isola, a pochi chilometri di distanza.

Fikri, lunedì 24 settembre in Tribunale a Bergamo, evidentemente teso, è riuscito solo ad allargare le braccia e a sospirare: «Speriamo», dopo che per la seconda volta in pochi mesi è stata rinviata l'udienza in cui si discuteva la richiesta di archiviazione della sua posizione presentata e ribadita in aula dal pm Letizia Ruggeri.

Il proseguire dei suoi guai ha un solo nome: Dna. Vero che il suo, fornito spontaneamente prima del fermo (poi annullato dalla Cassazione), quando era ancora testimone, non combacia con quello dell'assassino, ma il legale della famiglia della ragazza, Enrico Pelillo e il genetista che l'assiste, Giorgio Portera, pur non opponendosi all'archiviazione, hanno chiesto ulteriori accertamenti: su quel Dna vogliono chiarezza e vogliono escludere che sia contaminato.

E se la comparazione con quello delle persone intervenute per i rilievi nel campo di Chignolo d'Isola ha escluso qualsiasi contaminazione, ieri in aula non sono arrivati dalla Polizia scientifica di Roma, per quanto già eseguiti, i risultati della comparazione con quello dei tre medici maschi che hanno effettuato l'autopsia. Quindi niente archiviazione per Fikri.

Il legale ha anche chiesto che sia disposta una nuova traduzione della telefonata che costò la detenzione a Fikri (inizialmente intesa come «Che Allah mi perdoni, non l'ho uccisa io» e invece risultata una conversazione che il marocchino aveva avuto con un parente che gli doveva dei soldi). Ha poi chiesto di rivedere il dvd che ritrae le persone intervenute nel campo dopo il ritrovamento. Anche la madre di Yara, Maura, in aula ha brevemente chiesto che siano accolte queste richieste.

Richieste sulle quali il gip Ezia Maccora deciderà nella prossima udienza, il 4 ottobre ma che non inquietano il legale di Fikri, Roberta Barbieri: «Sono tutte iniziative che portano nella direzione opposta rispetto a Fikri», ha spiegato, dicendosi certa della prossima archiviazione.

Il marocchino, nel frattempo, vive questo procedimento ancora pendente come una spada di Damocle: da indagato è sfumata la carta di soggiorno; fino a quando non saranno fugate, anche formalmente, le ombre su un suo coinvolgimento nella vicenda, gli sarà difficile trovare lavoro e questo mette a rischio il rinnovo del suo permesso di soggiorno oltre a impedirgli di trovare una casa.

Tutte circostanze che sembra voler far valere con una richiesta di danni in sede civile, unita a quella per ingiusta detenzione. La famiglia Gambirasio vuole chiarezza anche sul Dna estratto dalle tracce sul corpo di Yara anche su un altro fronte: quello che porta a Gorno dove fino al 1999 è vissuto un uomo il cui Dna è simile a quello estratto: la comparazione con tutto il suo nucleo famigliare ha avuto esito negativo.

Si è quindi ipotizzato che l'assassino di Yara possa essere un suo figlio illegittimo di cui, però, non è stata provata l'esistenza. Il genetista Portera ha suggerito che la Procura disponga la riesumazione della salma. Anche in questo caso per fare finalmente chiarezza, qualora anche questa fosse una pista destinata a finire nel nulla.

Stefano Rottigni

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