Nuovo ospedale, l'«area critica»
Ecco il «cuore» dell'eccellenza

Si chiama «area critica», ed è quello spazio collocato nella piastra tecnologica del nuovo ospedale al secondo piano immediatamente sopra le sale operatorie. È il «cuore» dell'eccellenza del Papa Giovanni XXIII di Bergamo.

Si chiama «area critica», ed è quello spazio collocato nella piastra tecnologica del nuovo ospedale al secondo piano immediatamente sopra le sale operatorie. È il «cuore» dell'eccellenza del Papa Giovanni XXIII di Bergamo: qui, in quest'area, si concretizza la nuova filosofia operativa che caratterizzerà il nuovo ospedale di Bergamo, ovvero quella modulata sull'intensità di cura, con i medici e gli operatori sanitari che si spostano verso il malato e non viceversa, una filosofia che fa diventare il degente il «perno» attorno a cui deve muoversi l'intera struttura.

L'area critica è uno spazio luminosissimo e assai poco limitato dai muri, struttura con 88 posti letto complessivi (di questi 48 destinati all'area intensiva e 40 alla cosiddetta subintensiva, 16 i posti pediatrici ovvero 8 di terapia intensiva e 8 di sub intensiva): i letti sono organizzati, per l'intensiva, in 3 moduli di 16, divisi, anche se fisicamente collegati l'uno all'altro: al centro i letti destinati alla terapia intensiva «generale», a destra e a sinistra quelli specifici per il cuore e il cervello.

«Una sorta di distribuzione a ferro di cavallo che è per l'attività medica il massimo che si potesse immaginare: c'è un medico specialista sempre presente per ogni gruppo, ma la cosa importante è che gli specialisti tra loro potranno interscambiarsi nelle consulenze e nelle competenze perché fisicamente nello stesso spazio. Un vantaggio per la crescita della conoscenza medica ma soprattutto per l'assistenza al malato», evidenzia Luca Lorini, responsabile del Dipartimento di Anestesia e Rianimazione degli Ospedali Riuniti di Bergamo, che fa da cicerone, in questa sorta di «tempio» dell'eccellenza sanitaria.

Ogni nucleo di questi 3 moduli a 16 posti l'uno avrà due letti riservati per l'isolamento: e qui si vede, si tocca con mano, l'innovazione, perché l'intera area delle terapie intensive è un immenso open space, con ogni postazione di degenza tecnologicamente attrezzata non divisa da «box», ma separabile dagli altri, quando è necessaria la privacy, da tende rimovibili, e i cosiddetti posti di isolamento sono divisi dagli altri da pareti a vetro, quindi visibili dall'esterno, e da porte trasparenti scorrevoli.

Dov'è quindi l'isolamento? È creato con il sistema di pressione negativa. «In sostanza, la cosiddetta camera di isolamento per alta intensità di cura ha una pressione atmosferica inferiore rispetto agli spazi circostanti, così che quando si aprono le porte l'aria anziché uscire all'esterno, resta dentro. E i batteri ed eventuali veicoli di contagio non entrano - continua Lorini -. Un grande vantaggio, perché i malati critici, che hanno bisogno di particolare isolamento, come chi è con il cuore artificiale o ha appena subito delicatissimi trapianti o interventi è sì separato dagli altri, ma quasi in modo virtuale. In realtà l'infermiere e il medico può controllare il degente attraverso le pareti e in ogni momento con monitor anche da altre postazioni».

Leggi le due pagine dedicate all'ospedale su L'Eco di domenica 2 dicembre

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