Il morto assiderato nell'Adda:
«Non meritava una fine così»

«Ci siamo salutati e siamo partiti tutti insieme. Eravamo in sei auto. Hamid era in fondo alla fila. Per questo motivo nessuno si è accorto che ha sbagliato strada». A parlare è un collega di lavoro del 44enne morto congelato cadendo nell'Adda.

«Dopo essere usciti dal ristorante ci siamo salutati e siamo partiti tutti insieme. Eravamo in sei auto. Hamid era in fondo alla fila. Per questo motivo nessuno si è accorto che ha sbagliato strada».

A parlare è un collega di lavoro di Haudouch Hamid, il marocchino di 44 anni di Ciserano che venerdì notte, a Trezzo sull'Adda, è morto congelato dopo essere finito nelle gelide acque del fiume Adda.

È una morte assurda quella a cui è andato incontro il quarantaquattrenne, sposato e padre di una figlia di otto anni e di un figlio di pochi mesi: venerdì sera, in un ristorante in riva al fiume, ha partecipato alla cena aziendale della ditta dove lavorava da anni come operaio, la Vitre di Solza.

Conclusa la serata, circa 40 minuti dopo la mezzanotte, ha lasciato il locale insieme ai suoi colleghi i quali, per risalire dal fiume al bivio che si trova a pochi metri dal ristorante, hanno preso la strada giusta ossia, svoltando a sinistra, hanno imboccato la salita che porta all'abitato di Trezzo.
Hamid, invece, è andato dritto proseguendo lungo la via Alzaia che costeggia il fiume e che a quell'ora era completamente buia e avvolta dalla nebbia.

«Sarebbe bastato – afferma un cugino –, che chi era con lui si fosse accorto che aveva sbagliato strada. Hamid non si meritava di morire così. Era una persona gentile e generosa».

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