Asse, venti anni di lavori
E trecento miliardi di guai

1989-2010: in memoriam. In queste due date c'è tutta la storia (l'odissea...) dell'Asse interurbano: 21 anni di lavori, 17 di ritardo e 300 miliardi di vecchie lire spese. Oggi hai percorso l'asse? Raccontaci il tuo viaggio

1989-2010: in memoriam. In queste due date c'è tutta la storia (l'odissea...) dell'Asse interurbano: 21 anni di lavori, 17 di ritardo e 300 miliardi di vecchie lire spese. Una cosa da pazzi, a pensarci col senno del poi.

Ma anche del durante, considerato cosa ci è toccato vedere. Fatti due calcoli e dividendo i 30 chilometri - svincoli compresi – dal Cassinone a Mapello per 21 anni, considerando una media lavorativa di 8 mesi l'anno (e 22 giorni al mese), arriviamo a poco più di 8 metri di strada realizzati al giorno. E pure male, viste le ultime sorpresine. Le ultime della serie, beninteso: perché dal primo colpo di piccone all'ultimo taglio del nastro ne sono successe di ogni.

Tecnicamente parlando, il primo pezzo realizzato è quell'autentica perla del rondò dell'autostrada: sì, la spaghettata impazzita che accoglie chiunque varchi il casello dell'A4 direzione Bergamo. E già lì si doveva capire che l'opera nasceva con i peggiori auspici possibili. La parte comica della vicenda sta nel fatto che - tenetevi forte - l'Asse interurbano nella sua completezza doveva essere pronto nel 1993.

E invece, calendario alla mano, non c'è stata una scadenza rispettata: il 7 giugno 1990, a giorni 2 dal fischio d'inizio dei Mondiali di calcio (quelli delle notti magiche...) viene consegnato il tratto autostrada-aeroporto. Cinque chilometri per 35 miliardi di lire realizzati dal mitico Costantino Rozzi da Ascoli, presidente dell'omonima squadra di calcio e celebre per i calzettoni rossi portafortuna. Che non deve però mai aver indossato a queste latitudini, visto che il crack del suo impero comincia proprio con questo appalto. Per consegnare il cantiere in tempo deve lavorare con turni di 24 ore. In compenso ci si riposa dopo: per aprire il tratto successivo da Colognola al Cassinone serviranno 6 anni. A giugno 1996, vai con il taglio del nastro: manco il tempo di festeggiare che si abbatte un fortunale memorabile. Un altro inequivocabile segno del destino.

Il ponte c'è, ma i soldi no
Ad ogni modo, di riffa o di raffa, ad Est si è arrivati: per la Route 66 di casa nostra manca ancora il lato Ovest. O meglio, c'è solo il pezzo dal rondò di Treviolo alla Dalmine-Villa d'Almè. I romanzi di Steinbeck c'azzeccano poco, ma in quanto a depressione non c'è purtroppo nulla da invidiare. Perché verso l'Isola c'è già pronto pure il ponte sul fiume Brembo, parte integrante del tratto dalla Dalmine-Villa d'Almè a Bonate Sopra: 9 miliardi di lire di giocattolino, senza niente dietro e soprattutto davanti. Tanto meno la galleria per andare verso Bonate e da qui a Mapello. E di disastro in disastro, si scopre pure che non c'è più il becco di un quattrino per realizzare il tratto mancante: ai sindaci dell'Isola viene un mezzo coccolone, ma sono altri tempi per le casse pubbliche, e sua maestade Anas tira fuori dal cilindro i 112 miliardi di lire mancanti. Nel frattempo riesce anche a realizzare il raddoppio del tratto da Colognola a Treviolo, aggiungendo un altro tassello al puzzle: e a dare il meglio di sé bucando una serie incredibile di annunci di riapertura. Nella tregenda, resta memorabile la vicenda della ditta di Alcamo (Trapani) vincitrice dell'appalto per i new jersey, finita a gambe all'aria prima ancora di fornirne un metro.

Il Tar e le infiltrazioni
Non che la gara per la realizzazione del tratto mancante vada meglio: l'appalto ha una certa qual consistenza e scatena diversi appetiti. Alcuni illeciti, come quelli di chi ruba chilometri di rame dei sottoservizi, altri assolutamente leciti e in punta di diritto: prova ne è la tempesta di ricorsi al Tar. Alla fine vince la meratese Beton Villa, che si mette all'opera e a balzelloni nell'estate del 2005 riesce a consegnare il tratto fino a Bonate Sopra. A 8 anni dall'impresa resta ancora un mistero il motivo dell'intitolazione della galleria a San Roberto, ma tant'è. Ben più preoccupanti sono le infiltrazioni d'acqua dalle pareti e i cedimenti (e rigonfiamenti) dei pannelli. «Normale assestamento» è la stizzita risposta della Beton Villa: 8 anni dopo l'assestamento continua, ma almeno (anno di grazia 2010, mese di novembre) si arriva al complimento dell'opera. Ventun anni e oltre 300 miliardi di lire dopo. Prosit!

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