L'inchiesta sui grattacieli di Dubai
Spunta il nome di Antonio Conte

Un grattacielo a Dubai rimasto incompiuto, 150 acquirenti italiani che hanno già tirato fuori 50 milioni, una società dell'allenatore della Juve, Antonio Conte, dietro la nascita dell'operazione. È quanto scrive «L'Espresso» sul numero in edicola da venerdì.

Un grattacielo a Dubai rimasto incompiuto, 150 acquirenti italiani che hanno già tirato fuori 50 milioni, una società dell'allenatore della Juve, Antonio Conte, dietro la nascita dell'operazione. È quanto scrive «L'Espresso» in un'inchiesta intitolata «Pallone, mattone ed evasione» pubblicata sul numero in edicola da venerdì e di cui il settimanale ha diffuso un'anticipazione.

La vicenda su cui indaga la Guardia di Finanza di Bergamo, scrive L'Espresso, è quella di un condominio per ricchi a Dubai che, nonostante i 50 milioni pagati da 148 investitori italiani, è rimasto tutt'ora un miraggio. Investitori che erano stati «illusi con visite al cantiere in compagnia di star dello spettacolo ed ex calciatori, come Marco Columbro e Marco Del Vecchio» e convinti ad entrare nell'affare «anche dalla presenza di un nome vincente tra gli azionisti dell'iniziativa: Antonio Conte».

Secondo il settimanale dietro le quinte c'è anche la figura dell'ex senatrice del Pdl Maria Claudia Ioannucci «una protetta del faccendiere Valter Lavitola».

«Il progetto è partito nel 2006: 280 alloggi vip con tanto di piscina a Dubai City. Un'operazione sicura e di un guadagno garantito dalla società di Luca Mulino, la Ellebiemme di Treviglio, specializzata proprio nel mercato» degli Emirati. Ad oggi però il condominio è bloccato all'undicesimo piano «per problemi di staticità, litigi tra i soci e grane economiche».

I contratti, scrive ancora il settimanale, erano intestati alla «Dubai Business e la Gdf ha ricostruito l'intreccio degli azionisti che controllavano l'operazione. Un quarto appartiene alla Victory iniziative immobiliari srl, nata nel 2007. E di questa società Antonio Conte all'epoca era amministratore unico e titolare, assieme al fratello minore Daniele, del 17,5 per cento delle quote. Nel 2008, in piena campagna vendite, è l'allenatore bianconero a risultare al timone della sigla: solo nello scorso luglio ha ceduto interamente le azioni al fratello».

L'80% della società milanese, dice L'Espresso, appartiene invece alla «Victory Investments Ltd» mentre «il resto della compagine è diviso tra l'Antonio Scarpetta spa di Anacapri, Italia Tre della famiglia bergamasca Longhi e due società estere: la Gary Commercial Limited di Belize City e la Dreams Buildings di Londra».

Si tratta, secondo l'inchiesta de L'Espresso, di «un sistema di coperture e intrecci societari per nascondere i reali proprietari che la Gdf riesce però a decifrare. Con una scoperta sorprendente: Mulino, insieme a Bernardo Sannino e Renato Santoro della Ellebiemme sono gli amministratori di fatto della scatola vuota londinese, nata all'estero per evadere il fisco per oltre 4 milioni di euro».

E si scopre inoltre che «le società del marchio Ellebiemme di Treviglio e Roma sono state cancellate, ma rimane in piedi la capogruppo (Ellebiemme service) con una quota del 19 per cento ancora in mano alla ex parlamentare Maria Claudia Ioannucci».

«Per Mulino, Sannino e Santoro - conclude L'Espresso - la procura di Bergamo ha chiesto il rinvio a giudizio per le imposte evase nel 2008 ma Mulino non si dà per vinto e continua a rassicurare gli ignari proprietari: i loro soldi non sono andati persi ed entro la fine del 2013 i lavori riprenderanno».

La replica di Luca Mulino
Luca Mulino replica così alle notizie pubblicate da «L'Espresso»: «La notizia dell'Espresso, a mio avviso, è una "non notizia". Mi soprende che si parli dei ritardi nella costruzione della Torre come notizia di grande attualità; ciò in quanto si tratta di circostanza ormai nota da molti mesi e sulla quale anche il Vostro quotidiano ha dedicato degli approfondimenti».

«Proprio il ritardo nella costruzione della Torre ha alimentato un contenzioso con dei clienti, alcuni dei quali hanno, in più circostanze, dimostrato di voler "farsi ragione" ... a qualsiasi costo. Ecco perché, oggi, non mi soprende questa "singolare" inchiesta dell'Espresso. Dico "singolare" perché si sommano insieme cose che stanno su piani assolutamente diversi. Mi sfugge, infatti, quale sia il nesso fra il contenzioso con quei clienti e la presunta evasione fiscale».

«Spiego meglio. Se vi sono stati ritardi nella costruzione della Torre, qual'è la correlazione con la presunta evasione fiscale? In realtà, anche la questione della presunta evasione fiscale e il nostro coinvolgimento sono tutti da dimostrare, ma sul punto - posto che pende in giudizio - per sobrietà, preferisco non pronunciarmi, dico solo che c'è un amministratore della dubai business in italia che è il Dott. Umbriano che non vedo nell'elenco della notizia e che è l'unico rappresentante in Italia della società».

«Non posso esimermi, tuttavia, dal far notare che è assai cuoriso che si spacci per inchiesta giornalistica su una presunta maxi-evasione fiscale (dietro la quale si celano scenari non immaginagili) un report che attinge a dati societari ... disponibili presso le Camere di Commercio in Italia! Le risulta, per caso, che quando si intende mettere in piedi una operazione (che, usando un eufemiso, sia) "poco chiara" si costituiscano delle società in Italia diventandone soci o amministratori?»

«Forse i giornalisti dell'Espresso avrebbero potuto intervistarmi per scoprire che molte delle notizie che hanno attirato la loro attenzione non hanno il "vigore" che giustificherebbe titoli "ad effetto" e nomi importanti "sparati" in prima pagina. Ribadisco, chi cerca lo scoop, domani in edicola, rimarrà deluso. tra l'altro come da mail che vi ho inviato prima i lavori inizieranno quanto prima con buona pace di tutti clienti e della dubai business che ha si venduto 150 appartamenti ma ne ha comprati 280».

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