«Lecite le nostre firme»
Resti: no pressioni da Jannone

Andrea Resti, eletto nel Consiglio di Sorveglianza Ubi, assicura che non ci furono interferenze da parte dell'ex deputato indagato per tentata estorsione Giorgio Jannone. Leggi una parte dell'intervista.

Professor Andrea Resti...
«Mi permetta una precisazione».
Prego.
«Rispondo alle sue domande solo a titolo personale. Ubi Banca, nel cui Consiglio di sorveglianza lavoro, parla tramite i suoi vertici».
Dicevo: Giorgio Jannone accusa la sua lista di numerose irregolarità nella raccolta firme per le elezioni del Consiglio di sorveglianza Ubi.
«Si tratta di affermazioni superate, di cui ha già dato conto anche il vostro giornale. Spiace che tornino a galla ciclicamente, con il risultato di mettere in cattiva luce dipendenti e strutture della Banca, che hanno convalidato le firme con un lavoro scrupoloso e uno sforzo di trasparenza non indifferente. Ma...».
Ma?
«Ma il Consiglio di sorveglianza della Banca all'epoca aveva emesso un lungo e circostanziato comunicato in cui esponeva le verifiche fatte, rispondeva punto per punto alle contestazioni e concludeva che la procedura di presentazione e validazione delle liste si era svolta in maniera del tutto regolare. Tra l'altro, i dipendenti e le strutture che s'erano occupati delle procedure e in seguito delle verifiche facevano capo alla vecchia amministrazione della Banca, dunque non avevano teoricamente alcun interesse a favorire la nostra lista».
C'è un dato che colpisce nella denuncia di Jannone: la tempistica. Secondo l'ex deputato per esaminare le firme della propria lista ci sono volute 10 ore e mezzo, mentre per le altre due le procedure non sono andate oltre i venti minuti.
«L'area "Rischi di non conformità" di Ubi ha agito con il cronometro alla mano e ha riportato tutto nei verbali, rendendo prontamente pubblici i risultati».
(Nel documento si legge che per la lista di Moltrasio le operazioni di validazione sono durate tre ore; per la lista di Resti 4 ore e mezzo, stesso tempo richiesto per la lista di Jannone, ndr).
L'ex parlamentare si lamenta anche del fatto che la grafia per molte delle vostre firme fosse la stessa.
«Della raccolta firme non mi sono occupato personalmente. La risposta però la fornisce il comunicato del Consiglio di sorveglianza dell'epoca ed è del tutto rassicurante».
(Il Cds di Ubi scrive che «il tratto grafico apparentemente simile si riferisce all'elenco dei soci e ai loro dati anagrafici - entrambi scritti in stampatello - e non alle firme apposte dai soci che appaiono, di tutta evidenza, assolutamente diverse l'una dall'altra»).
E il famoso "pizzino", professore? Il bigliettino allegato alla vostra raccolta firme in cui è scritto che mancavano i modelli di partecipazione all'assemblea, ma che un ex funzionario di banca aveva detto che andava bene lo stesso?
«Se ben ricordo, Ubi chiarì che era una faccenda banale. Qualcuno avrà chiesto se serviva tale modello e l'ex funzionario ha risposto di no. Una comunicazione innocente, come se lei mi facesse avere un biglietto chiedendomi se sulla cotoletta alla milanese ci voglia lo zafferano e io le rispondessi di no. Soltanto perché è un post-it dobbiamo chiamarlo "pizzino"?».
Alla fine tutto regolare, allora?
«I dubbi del dottor Jannone erano stati esaminati in aprile dal tribunale civile di Bergamo. Il giudice s'è dichiarato incompetente dal punto di vista funzionale, ma ha condannato il dottor Jannone a rifondere le spese alle parti da lui citate in giudizio, il che mi pare significativo. Per inciso, quell'importo la Banca lo ha devoluto in beneficenza».

Per saperne di più leggi L'Eco di Bergamo del 19 giugno

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