Commercialista bergamasco
condannato con Dolce e Gabbana

Anche un commercialista bergamasco è finito tra i sei condannati nel processo milanese per una presunta evasione fiscale che ha catalizzato l'attenzione anche della stampa statunitense. Coinvolti Domenico Dolce e Stefano Gabbana.

Anche un commercialista bergamasco, Luciano Patelli, è finito tra i sei condannati martedì 19 giugno nel processo milanese per una presunta evasione fiscale che ha catalizzato l'attenzione anche della stampa statunitense. «Alla sbarra», infatti, c'erano non solo due notissimi stilisti, ma anche i fondatori di una vera e propria multinazionale della moda: Domenico Dolce e Stefano Gabbana. Patelli, nato a Bergamo nel '59, ha «incassato» una condanna a un anno e 8 mesi, esattamente la stessa inflitta ai due creatori della «maison».

Tuttavia, per lui, che era ritenuto dall'accusa l'ideatore, in sostanza, di un'operazione di «esterovestizione» che avrebbe portato vantaggi fiscali, il verdetto non è stato eccessivamente punitivo, se si pensa che i pm avevano chiesto tre anni di reclusione. Al commercialista e ai due stilisti, infatti, il giudice milanese Antonella Brambilla ha concesso le attenuanti generiche e anche il beneficio della sospensione condizionale della pena. E soprattutto Dolce e Gabbana, Patelli e gli altri tre manager del gruppo condannati sono stati assolti da uno dei due reati fiscali contestati. In sostanza, su una imputazione che parlava di una presunta evasione da circa un miliardo di euro è rimasto in piedi solo il reato di omessa dichiarazione dei redditi. Reato che faceva riferimento a un presunto imponibile evaso di circa 200 milioni di euro.

Secondo le indagini dei pm Laura Pedio e Gaetano Ruta, Dolce e Gabbana, infatti, avrebbero dato l'ok a un «piano» ideato da Patelli che avrebbe portato a loro notevoli «risparmi» fiscali: così nel 2004 venne creata la Gado, società di diritto lussemburghese che risultava essere la proprietaria di due marchi del gruppo D&G, ma che di fatto sarebbe stata gestita in Italia. Secondo gli avvocati Giuseppe Bana e Fabio Cagnola, difensori di Patelli, «la sentenza del tribunale, pur condannando il nostro assistito, non ha tuttavia condiviso lo schema di pena proposto dai pm». In altre parole, hanno aggiunto i legali, «rispetto al trattamento sanzionatorio richiesto dai pm, che prevedeva per il consulente fiscale una pena ancora più alta rispetto a quella richiesta per il suo cliente, la sentenza ha seguito una impostazione secondo la quale il cliente e il consulente sono meritevoli dello stesso trattamento sanzionatorio». I due stilisti e il commercialista, infatti, sono stati condannati alla stessa pena. «Valuteremo ? hanno concluso i legali ? con attenzione le motivazioni della decisione, e proporremo appello per dimostrare che il progetto di riorganizzazione aziendale, proposto dal dott. Patelli, rispondeva pienamente a criteri di trasparenza ed effettività». La difesa può contare certamente nell'appello, anche perché buona parte delle accuse sono cadute e già due anni fa Patelli e gli altri imputati era stati prosciolti in udienza preliminare. La Cassazione poi aveva ribaltato il verdetto e si era arrivati al processo, che si è concluso martedì.

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