Servono più appelli d'esame
Università, c'è una raccolta firme

Appelli d'esame concentrati in due o tre giorni, anche con casi di sovrapposizione, oppure sovraffollati a causa del numero elevato di studenti del corso. Conseguenza? Alcuni studenti rimandati a giorni successivi. Ora c'è una raccolta firme.

Appelli d'esame concentrati in due o tre giorni, anche con casi di sovrapposizione, oppure sovraffollati a causa del numero elevato di studenti del corso. Conseguenza? Alcuni studenti rimandati a giorni successivi, con altre sovrapposizioni o un altro permesso di lavoro da chiedere. Un problema molto sentito dagli studenti dell'Università di Bergamo.

Proprio in questa direzione, chiedendo un aumento del numero di appelli, si sono mossi i rappresentanti nelle commissioni paritetiche del dipartimento di Scienze umane e sociali, Scienze aziendali, economiche e metodi quantitativi e Lingue, letterature straniere e comunicazione. Per il dipartimento di Scienze umane e sociali, la richiesta dei rappresentanti di estendere a tutti l'appello di marzo, solitamente riservato agli studenti fuori corso, è stata accolta. Anche gli allievi del dipartimento di Scienze aziendali hanno fatto richiesta di un appello in più, ma per ora non se ne parla. «Abbiamo chiesto un appello aggiuntivo per novembre per dare un'opportunità in più a chi lavora e agli studenti che sono in difficoltà, in modo che possano pianificare lo studio in maniera più omogenea, senza rischiare di andare fuori corso» spiegano i rappresentanti degli studenti, la cui proposta, appoggiata da una raccolta firme a cui hanno aderito più di mille studenti, è stata messa in stand-by per l'anno accademico 2014/2015.

«Difficile per il momento inserire un altro appello: a novembre ci sono i cosiddetti compitini parziali – spiega Gianfranco Rusconi, direttore del dipartimento –, gestibili in quanto si tratta di esami delle lezioni del periodo. Inserire nello stesso mese un appello aperto a tutti comporterebbe un problema di sovrapposizioni e servirebbero più aule».

Per saperne di più leggi L'Eco di Bergamo del 18 agosto

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