Segretariato migranti, 20 anni
L'integrazione passo dopo passo

Il 12 novembre 1993 la diocesi di Bergamo istituì il Segretariato migranti per sostenere la comunità cristiana che stava vivendo i profondi cambiamenti introdotti dal fenomeno migratorio.  Da settembre e per un intero anno si ricorderà il lavoro compiuto in questi vent'anni.

Il 12 novembre 1993 la diocesi di Bergamo istituisce il Segretariato migranti per sostenere la comunità cristiana bergamasca che sta vivendo i profondi cambiamenti introdotti dal fenomeno migratorio.

Con una serie di iniziative a partire da settembre e per un intero anno si ricorderà il lavoro compiuto in questi vent'anni e si rifletterà sui passi futuri di una pastorale migratoria, nel segno delle parole pronunciate da Papa Paolo VI: «Nessuno è straniero, nessuno è escluso, nessuno è lontano».

Quali sono stati i cambiamenti nell'arco di questi ultimi vent'anni nell'ambito della pastorale?
«All'inizio il ruolo del Segretariato - dice don Massimo Rizzi, direttore dell'Ufficio migranti - era anche di tipo assistenziale con la fondazione della prima capellania di San Lazzaro rivolta alla comunità latino-americana. Si è sviluppata in seguito un'attenzione più precisa dal punto di vista pastorale. Nella parrocchia di San Tommaso si ospitava fino a due anni fa la comunità ucraina. Non si è trattato solo di promuovere la celebrazione in lingua, ma anche di cogliere un'occasione di scambio ecumenico tra cristiani. Il passaggio successivo ha visto la presenza di sacerdoti provenienti dai Paesi di migrazione ed infine più recentemente si è arrivati ad includere tre sacerdoti boliviani nella chiesa, circostanza che sottolinea il suo valore missionario».

Proprio dalla chiesa di San Lazzaro inizieranno le celebrazioni per il 20° anniversario.
«Infatti sarà inaugurata dopo un anno di restauri. Sarà occasione di incontro tra i cristiani provenienti da varie nazionalità che si ritroveranno domenica 1° settembre a partire dalle 12. La comunità è numericamente consistente, fatta di tanti gruppi, come i dominicani che ancora non sono stati raggiunti o gli argentini che di fatto si sentono italiani».

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