La storia: dopo 14 anni
da incubo lascio il treno

Dopo 14 anni da pendolare e membro del Comitato bergamaschi, molla il quotidiano viaggio in treno e prende casa a Milano. Dino Buonomo, 33 anni e residente a Bergamo, in zona stadio, lascia la nostra città e si trasferisce nel capoluogo lombardo, dove anche la moglie ha trovato un impiego. «Già da solo, a fare il pendolare era un incubo, con due ore spese per andare e due per tornare - racconta -. In più questo nuovo orario mi ha danneggiato e il pensiero di essere in due a fare questa vita è davvero improponibile».
Del resto, data la carenza di lavoro, mica si può rifiutare un posto sicuro perché distante solo una quarantina di chilometri: «O Trenitalia risolveva i disagi che mi stava causando a livello familiare e personale, con tutte queste ore buttate al vento in un viaggio che dovrebbe durare neppure un'ora, o ribaltavo tutta la mia vita. La seconda ipotesi, ahimè, è stata la più facile da attuare».
E quindi Dino, ingegnere nelle telecomunicazioni, e Manuela, veterinaria di 29 anni, lasciano l'appartamento in affitto dove hanno vissuto i primi tre anni da sposini, comprano casa a Milano e a maggio prossimo si trasferiranno: «Molliamo parenti e amici, molliamo le abitudini quotidiane che possono sembrare delle stupidaggini, ma che fanno parte della nostra vita». Le due chiacchiere con il fruttivendolo all'angolo, il coro parrocchiale che entrambi frequentano, l'aperitivo settimanale con gli amici. «È preoccupante sapere che le nostre famiglie non sono più così vicine e che se solo avessero bisogno di qualcosa ci separa un'autostrada - continua Dino -. Piccoli e grandi fatti che fanno parte della nostra vita». Con uno sguardo al futuro: «La consapevolezza che, quando avremo un figlio, i nonni non saranno proprio a due strade di distanza».
Dino, e soprattutto Manuela, però un po' ci sperano di tornare a Bergamo: «Per la mia famiglia, per gli amici, perché ci sembra di aver fatto una scelta obbligata da altri e un po' ci dispiace». Anche per questo Dino non abbandona la sua battaglia con Trenitalia, tra ritardi che ha subìto per tanti anni e condizioni di viaggio che più volte lo hanno portato a porsi in prima persona tra i portavoce di un gruppo agguerrito di pendolari: «Non lascio il Comitato e non voglio rinunciare a togliermi la soddisfazione di avere risposte da Trenitalia. Per questo motivo ho fatto una scelta: sono tra i venti bergamaschi che nelle prossime settimane presenterà una causa all'azienda per chiedere un risarcimento per danni biologici». Un'idea che è nata dopo una riunione tra pendolari e la decisione di un giudice di pace di Piacenza che mesi fa ha riconosciuto il «danno esistenziale» provocato da ritardi e disagi di Trenitalia a un viaggiatore. «Abbiamo già individuato un avvocato che sta studiando con noi le pratiche - spiega -. E non intraprendo questa strada per una questione di soldi: se vincessimo devolveremo il tutto in beneficenza. Lo faccio per un fatto di principio: nei confronti di chi ogni giorno deve subire l'angheria dei ritardi, dei treni soppressi, dei vagoni sporchi e delle continue prese in giro. È mortificante».
E anche cambiare città per chiudere una vita da pendolare difficile e pesante non è una scelta che si prende alla leggera: «Ma la faccio, anzi la facciamo con responsabilità, e con coscienza. È vero che siamo giovani e magari meno radicati sul territorio rispetto ai nostri genitori, ma non sarà semplice». Si dice sempre che Milano, in fondo, è a pochi chilometri, «ma la vita, ne siamo coscienti, ci cambierà - continua -, anche in modo positivo pensando alle quattro ore che recupereremo senza treno. Però questo andrà a discapito dei nostri affetti e della nostra identità sul territorio».
Poi Dino ritorna a parlare del futuro: «Chissà che non si ritorni a Bergamo. Ormai la casa è comprata, il rogito è a breve - racconta come se parlasse tra sé per convincersi -, però quando arriveranno i bambini, sarà un peccato che non si potranno godere i nonni come avrebbero fatto se fossimo ancora a Bergamo». E ai nonni mica si può chiedere di fare la vita da pendolare. «Magari mi strappo una soddisfazione con la causa» ripete.
Intanto, però, questo non cambia le carte in tavola, e Dino tra meno di due mesi lascia Bergamo. Il trasloco è già organizzato, i conti sono fatti e il treno, in queste settimane, lo prenderà per le ultime volte. «Potrei riprenderlo per tornare a Bergamo a trovare i miei parenti - sorride -. No, anzi, mi sa che in quei casi sceglierò la macchina».

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