L'8 settembre a Bergamo
Bendotti racconta quei giorni

Che cosa accadde a Bergamo l'8 settembre 1943? Come si spensero i 45 giorni dopo la deposizione di Benito Mussolini? L’armistizio venne annunciato anche dal nostro giornale. E L'Eco di Bergamo è tornato su quei giorni parlando con Angelo Bendotti, direttore dell’Isrec, che dal 1970 indaga quel particolare periodo storico. L'intervista ad Angelo Bendotti su «L'Eco» in edicola sabato 5 settembre

Che cosa accadde a Bergamo in quel fatidico 8 di settembre 1943? Come si spensero quei quarantacinque giorni di relativa libertà successivi alla data del 25 luglio, cioè alla deposizione di Benito Mussolini e alla sua sostituzione con il maresciallo Badoglio? Accettato dal presidente americano Eisenhower e divenuto ufficiale l’8 di settembre, l’armistizio venne annunciato anche dal nostro giornale il giovedì 9 settembre 1943 con un grande titolo su due righe a tutte colonne: «L’impari lotta tra Italia e Nazioni Unite / troncata dall’armistizio».

Torniamo a quei giorni grazie alle parole di Angelo Bendotti, direttore dell'Isrec, l'Istituto bergamasco per la Storia della Resistenza e dell'età contemporanea. «La notizia dell'armistizio venne diffusa dalla radio, ci fu gioia, paura, disorientamento. Naturalmente si temeva l’invasione tedesca. A Bergamo i militari germanici erano presenti all’aeroporto di Orio, ma era una forza molto limitata. Con l’armistizio scesero le colonne dal Brennero. A Bergamo arrivarono almeno mille soldati dalla direzione est, da Brescia. Entrarono in città senza colpo ferire, a differenza di quanto accadde in alcune altre località. Non ci furono morti. I soldati delle caserme bergamasche si diedero alla fuga abbandonando ogni cosa».

L'8 settembre segnò anche l'inizio della Resistenza bergamasca: «Dopo l’8 settembre - racconta Bendotti - si registrarono alcuni fatti importanti. Prima di tutto la fuga dei militari dalle caserme, poi l’idea di creare un presidio armato di volontari contro eventuali invasori. E quindi la grande fuga dei quattromila prigionieri di guerra del campo della Grumellina. Fu una fuga che investì tutta la provincia, si costituì in brevissimo tempo una rete di aiuto fino alle propaggini estreme della Bergamasca. Per esempio, a Schilpario il parroco don Bianchi con l’aiuto dei contrabbandieri salvò molti fuggiaschi che vennero portati al Passo del Venerocolo e quindi giù a Tresenda e quindi in Svizzera».

Nascono due organizzazioni a Bergamo, una legata al Partito di Azione, Giustizia e Libertà con gli operai della Dalmine, l’altra cattolica che coinvolgeva i preti dell’oratorio dell’Immacolata, fra questi don Antonio Seghezzi. Uno dei centri più importanti è Santa Brigida A Santa Brigida c’era la casa per le vacanze del patronato San Vincenzo di Bergamo, l’istituto di don Bepo Vavassori... E anche don Antonio Seghezzi operava con don Bepo, che appoggiò i partigiani, come tanti altri preti».

Leggi l'intervista a Angelo Bendotti su L'Eco di Bergamo in edicola sabato 5 settembre

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