Longuelo: parte «Emergenza Dimora»
Vita in comune per aiutare i bisognosi

Una nuova cittadinanza cristiana. Così è stato definito il progetto «Dire, fare, abitare-Emergenza dimora a Bergamo», durante la presentazione alla comunità di Longuelo, nell’omelia della Messa di sabato sera. I primi tre volontari, definiti «pionieri» dal parroco di Longuelo, don Massimo Maffioletti, si sono presentati alla cittadinanza del quartiere, rivelando attese, timori e motivazioni della loro scelta.

La canonica della vecchia chiesa parrocchiale di via Longuelo è stata ristrutturata e messa a disposizione per persone che vivono un disagio abitativo temporaneo, a causa di un licenziamento, una separazione, uno sfratto.

Il progetto prevede non solo di dare un tetto a quattro persone senza casa, ma di arricchire la convivenza con delle relazioni. E qui entrano in gioco i volontari, anch’essi inquilini dell’appartamento. I primi tre volontari della casa di Longuelo (altri tre sono impegnati nella seconda casa del progetto, in zona Porta San Lorenzo) sono Lorena Chiaiese, 24 anni, educatrice di un asilo nido e studentessa di Scienze dell’educazione, Margherita Epinati, 25 anni, neolaureata in Architettura, e Nicola Alessio, educatore e studente di Sociologia.

Da più di un mese vivono nell’appartamento di via Longuelo e a ottobre accoglieranno i primi ospiti. «Abbiamo conosciuto il progetto Emergenza dimora nel 2006 - esordisce Margherita -, grazie al campo giovani "Tutti giù per terra", organizzato dall’Azione Cattolica. Per la prima volta siamo usciti dalle nostre case per camminare tra le strade della nostra città, incontrando i luoghi, le persone e le fragilità che abitano l’animo umano. Il progetto ci chiede di abitare queste case nella nostra quotidianità, intrecciando storie di donne e uomini bisognosi di una spinta per risalire».

Nicola rivela le attese dei volontari: «Essere accolto dalla comunità e diventare più uomini». Lorena, invece, risponde alla provocazione di don Maffioletti: «Ma chi ve lo fa fare?». «In molti ci hanno posto questo quesito - ammette Lorena -. Il campo dell’Ac del 2006 ci ha cambiato. Sentiamo la necessità di prenderci cura, in prima persona, della sofferenza. È un messaggio di cittadinanza cristiana».

«Questo vuol dire farsi prossimo - spiega Margherita -. Non solo accogliere il prossimo ma, noi stessi, diventeremo il prossimo. Crediamo che nel prossimo si possano trovare le forze per le nostre fragilità umane».

Nicola allarga il discorso, affermando: «La tentazione che abita ogni uomo è di chiudersi. Questo progetto vuole essere un segno per la città. Se saremo capaci di costruire una città che non esclude, non dovremo più accogliere o costruire case per chi non ne ha».

Don Massimo Maffioletti ha esortato i parrocchiani a partecipare al progetto: «Questo è un nuovo modo di fare casa, facendolo nel nome del Vangelo. La vecchia canonica non deve essere un ghetto, dobbiamo creare un ponte con loro. La casa deve diventare un tesoro di tutta la comunità. E questo è anche un nuovo modo di fare cittadinanza. Bisogna imparare a integrarsi, a cancellare le divisioni, a capire gli altri, solo così ci potrà essere più armonia».

Alla fine della Messa è stato donato ai volontari un piccolo regalo per la casa. Domenica, alle 10,30, ci sarà l’inaugurazione della casa di via Longuelo. Nel pomeriggio, la festa «Diamo spago alla casa» in oratorio.

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