Amianto, anche la Bergamasca paga
Mesotelioma: 432 casi negli ultimi 13 anni

Anche la Bergamasca ha pagato il proprio tributo di sofferenza e di dolore - e purtroppo continuerà a farlo anche nei prossimi anni - all’utilizzo dell’amianto.

Negli ultimi 13 anni sono infatti stati 432 i casi registrati di mesotelioma, tumore che colpisce il mesotelio, il tessuto che riveste la parete interna del torace, dell’addome e dello spazio intorno al cuore.

Tuttavia i casi accertati dal servizio di Prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro - Psal di Bergamo, che è risalito fino al 1985, sono quasi 500. Una cifra drammatica, visto che il tumore - che nel 66% dei casi raccolti è stato scatenato dall’esposizione all’amianto - concede in media un anno di vita dal suo insorgere, attaccando soprattutto la pleura, il rivestimento dei polmoni.

Purtroppo, però, il periodo di latenza della malattia può superare i 30 anni, ecco perché il picco di mortalità è atteso attorno al 2020. Il settore più colpito è l’industria metalmeccanica con 79 casi pari al 32% (50 metallurgica e 29 meccanica), seguita dal tessile (21%).

Tra le zone della Bergamasca maggiormente colpite dal mesotelioma c’è il Sebino, dove l’amianto è stato «introdotto» nell’immediato Dopoguerra, quando il commendator Rinaldo Colombo acquistò dall’Iri la miniera di Balangero, a 30 chilometri da Torino, da cui si estraeva l’amianto per realizzare l’eternit.

Pierantonio Paissoni viveva con la famiglia accanto allo stabilimento di Predore della Manifattura Colombo. Oggi, a 47 anni, ricorda in modo nitido quello scenario surreale a due passi dal lago. «L’amianto era ovunque». Oltre che testimone oculare di quegli anni, è anche l’avvocato che ha chiesto e ottenuto il risarcimento per i familiari di sette ex lavoratori e per una donna che si prese l’asbestosi, malattia polmonare cronica indotta dall’amianto.

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