Biliardino e ruba-bandiera
Così al mare si spegne lo smartphone

Galeotto è stato l’ombrellone. Dopo un inverno speso a ripetere «posa quel coso», «niente Game Boy a tavola», «hai finito i compiti prima di accendere il pc?», è bastato portarli in spiaggia perché il «miracolo» si compisse.

Anche i bimbi più iper-tecnologici-dipendenti, quelli che viene da dire «ne farà un mestiere da grande» o «speriamo che almeno abbia il talento di Bill Gates», in meno di un pomeriggio sono tornati a essere semplicemente dei «ragazzi». Complici sabbia e salsedine, tablet, smartphone e consolle restano a casa e tornano in auge i giochi di sempre, quelli che abbiamo fatto tutti e che incredibilmente resistono alle mode e ai cambiamenti d’epoca: la pista disegnata con il sedere per le biglie con le faccine dei campioni, il vulcano di sabbia (che neanche quest’estate si riuscirà a far fumare), le bocce e il boccino, il biliardino del bar dove le «girandole» per segnare non valgono, ma poi le fanno tutti. E ancora le carte spalmate sull’asciugamano, i Pokemon che hanno preso il posto delle figurine dei calciatori, ma si scambiano sempre seduti sul lettino, o ruba-bandiera al tramonto, con papà a tenere la bandana nel mezzo. E poi le bolle di sapone che si rompono sulla sabbia e che importa.

L’estate si trasforma così in un toccasana detox digitale per i bambini, che escono dalla loro bolla di isolamento da schermo virtuale. Ma anche per gli adulti. Perché, sì, tra un giornale e un romanzo, la febbre del «gioco di una volta» sotto l’ombrellone tocca un po’ tutti. Addirittura, racconta uno studio promosso in occasione della campagna Gingerino Mix Tour per tornare a giocare insieme, 8 italiani su 10 tra i 18 e i 60 anni preferiscono riempire il tempo libero con i giochi di una volta, soprattutto per il loro valore socializzante. Sul podio, il biliardino, le freccette e le carte, da Scala 40 in poi.

I bambini, perfetto mix tra tecnologia e curiosità verso il passato, non fanno eccezione. Merito soprattutto della compagnia dei nonni, che in estate si fa più quotidiana, spesso full time, e che li promuove veri compagni di divertimenti e scoperte, magari anche solo di briscola e scopa. «Il gioco può servire a unire e far dialogare le generazioni – spiega Francesca Antonacci, ricercatrice del Dipartimento di scienze umane per la formazione dell’Università Bicocca di Milano –. Unisce persone anche molto lontane perché appartiene a una disposizione d’animo più che a una età anagrafica. E, soprattutto, perché può connettere le generazioni libere, non schiacciate dall’imperativo del lavoro, ovvero bambini e anziani».

Proprio ai nonni, secondo il 90% degli intervistati, spetta il compito di tramandare ai nipoti i giochi di una volta, seguiti da genitori e zii. E non disperate, perché se quest’anno avete scelto la montagna, molto apprezzati sono anche i giochi in scatola, come il Monopoli e il Subbuteo.

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