Buoni pasto, commercianti in rivolta
«Regole da riscrivere o salta tutto»

Fusini (Ascom): «Gli esercenti non sono più disposti a sacrificare i loro margini, nonostante questo continuano a mettere in campo tutta la loro professionalità senza ripercussioni sulla qualità o sul prezzo».

Da qualche settimana, serpeggia malumore tra gli esercenti dei pubblici esercizi a causa delle commissioni e dei ritardi nei pagamenti dei buoni pasto. Tra questi c’è anche chi ha deciso o sta decidendo di non accettarli. «L’ultima gara indetta da Consip per i buoni pasto della pubblica amministrazione è stata aggiudicata con sconti fino al 22% sul valore dell’appalto pari a un miliardo di euro. Il risultato è che in circolazione ci saranno buoni pasto che valgono un miliardo di euro, ma saranno pagati solo circa 800 milioni dalla pubblica amministrazione. C’è una differenza di 200 milioni di euro. Chi ce li mette?» spiega Oscar Fusini, direttore di Ascom Bergamo.

« Gli esercenti che su ogni buono incassato si vedono applicare la commissione necessaria a coprire la differenza. E le società emettitrici lo fanno proponendo servizi aggiuntivi. Oggi questa commissione, comprensiva di aggravi ingiustificati, arriva al 18%. Senza considerare, poi, i costi di gestione fatti di conteggi, fatturazione, spedizione. Gli esercenti non sono più disposti a sacrificare i loro margini, nonostante questo continuano a mettere in campo tutta la loro professionalità senza ripercussioni sulla qualità o sul prezzo» prosegue Fusini.

Ascom invita così gli associati a non sottoscrivere gli accordi supplementari per i servizi integrativi proposti dalle società emettitrici. «È vero che lo “sconto medio” della gara Consip 7 si aggira intorno al 4%, ma è altrettanto vero che i convenzionatori delle imprese aggiudicatarie chiedono oltre la sottoscrizione del contratto anche l’accettazione di servizi integrativi, il cui costo fa lievitare il carico per l’esercente al 18% del valore del buono» spiega Fusini.

Secondo Ascom inoltre, che concorda con le indicazioni di Fipe, il mercato dei buoni pasto deve essere fondato su tre principi: integrità del valore del buono lungo tutta la filiera, eliminando ribassi insostenibili coperti con l’imposizione di commissioni e servizi aggiuntivi a carico degli esercenti; corretto uso del buono secondo quanto previsto dalle norme; un Pos unico in grado di «leggere» tutti i buoni pasto elettronici di qualunque emettitore per evitare barriere che rischiano di trasformarsi in ulteriori e maggiori costi per esercenti e consumatori. Perplessità anche per il passaggio al buono pasto elettronico. «Oggi i costi del buono elettronico sono fuori da ogni logica di mercato e sono scaricati interamente sull’esercente: basti dire che per ogni singola transazione si chiede fino a 0,48 euro a cui si aggiungono i costi di installazione del Pos ed il canone di noleggio. Inoltre, rischiamo di dover gestire 4-5 Pos, uno per ciascun emettitore. Così non va bene, bisogna riscrivere le regole, oppure salta il sistema» conclude il direttore di Ascom.

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