Insultò la Kyenge: Calderoli salvato
Ma il caso in Senato è ancora aperto

Roberto Calderoli non potrà essere perseguito per istigazione al razzismo e diffamazione per i suoi attacchi all'ex ministro Kyenge, che era stata paragonata a un orango.

La giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato ha respinto, a maggioranza, la proposta di concedere l'autorizzazione a procedere contro il senatore leghista Roberto Calderoli per il suo attacco all'ex ministro Kyenge nel corso di un comizio a Treviglio. La richiesta era stata avanzata dal M5s.

Il senatore Vito Crimi del M5s ha commentato: ««Avevo proposto, come relatore, che si procedesse, non sussistendo alcun nesso funzionale tra le dichiarazioni del senatore Calderoli e l'attività politica. La giunta invece ha rigettato la mia relazione. Eppure a suo tempo Calderoli era stato condannato unanimemente da tutte le forze politiche: dal capo dello Stato ai presidenti delle Camere e lo stesso Letta ne aveva auspicato le dimissioni da vicepresidente. E ora tutti pronti a salvarlo, compresa una parte del Pd» .

«Quando in un comizio pubblico si fanno dichiarazioni come quelle di Calderoli, non ci sono scusanti che tengano, meno che mai quella di essere un senatore. Attraversiamo un periodo storico in cui l'attacco politico è sempre più forte, ma non è comunque tollerabile che si sconfini nell'odio razziale e nella discriminazione» ha concluso il senatore.

La condanna politica del gruppo del Pd al Senato sulle gravi affermazioni del senatore Roberto Calderoli su Cecile Kyenge è stata più volte espressa pubblicamente, con parole forti e nette. Anche nell'Aula del Senato in un ampio dibattito e con l'iniziativa del Pd di una mozione di censura». Così il capogruppo del Pd in Giunta delle elezioni e immunità parlamentari, Giuseppe Cucca, che ha aggiunto: «Il gruppo del Pd in Giunta conferma convintamente quel giudizio politico. La Giunta delle immunità non è però un organo politico bensì giurisdizionale. Non deve quindi esprimere valutazioni politiche ma giudizi di natura giuridica. I suoi componenti devono attenersi al rispetto del principio di legalità e sono chiamati ad assumere comportamenti conseguenti».

«Nelle gravi parole di Calderoli sussistono tutti gli estremi del reato di diffamazione, perseguibile solo a querela di parte che però non è stata presentata. Successivamente al senatore Calderoli è stata contestata anche l'istigazione all'odio razziale che invece è perseguibile d'Ufficio. La Giunta delle immunità - che è, lo ripeto, organo giurisdizionale e non politico - ha ritenuto che la fattispecie dell'istigazione all'odio razziale non sussistesse. Resta intatta - conclude Cucca - la gravità della frase del senatore Calderoli che, pur pronunciata nel corso di un comizio, è sicuramente diffamatoria. Reato per il quale, tuttavia, in assenza di querela, mancavano le condizioni di procedibilità».

Da ambienti del Pd del Senato si apprende che in merito alla vicenda Calderoli-Kyenge, i vertici del gruppo, pur comprendendo le motivazioni strettamente tecniche e giuridiche che hanno indotto alcuni senatori del Pd, componenti della Giunta delle immunità a votare contro la relazione presentata l'altro ieri, sarebbero orientati a rovesciare quel voto in Aula dove, come previsto dal regolamento, la questione verrà affrontata nelle prossime settimane.

Ecco perché il caso non è chiuso. Dopo che l’aula di Palazzo Madama si esprimerà, il parere del Senato sarà trasmesso al tribunale di Bergamo che dovrà valutare se sollevare il conflitto di competenze e a quel punto sarebbe la Corte Costituzionale a dover decidere.

© RIPRODUZIONE RISERVATA