Con una Messa solenne in Seminario il vescovo ha aperto l’Assemblea sinodale

«Ma voi chi dite che io sia?». È questa domanda di Gesù ai discepoli che il vescovo di Bergamo, monsignor Roberto Amadei, ha riproposto alla Chiesa di Bergamo, avviando l’Assemblea sinodale con una Messa solenne in Seminario. È iniziato dunque il 37mo sinodo diocesano bergamasco. Era stato indetto il 28 novembre 2004 e da allora si sono svolte la fase parrocchiale e la preparazione del documento presinodale. Al centro dei lavori il tema della parrocchia. L’Assemblea sinodale terminerà i lavori il 27 ottobre 2007. Dell’Assemblea sinodale fanno parte circa 300 persone - sacerdoti, religiosi e religiose, laici e laiche - sotto la presidenza del vescovo monsignor Amadei. La celebrazione del 37° Sinodo diocesano è una tappa molto significativa dell’episcopato Amadei. Dal momento dell’inaugurazione nel novembre del 2004, in numerose occasioni il vescovo ha ribadito l’importanza dell’evento sinodale per la Chiesa di Bergamo per rinnovare la pastorale, ripensare l’evangelizzazione, ravvivare la presenza missionaria della comunità cristiana sul territorio, cercare insieme le nuove modalità per presentare l’esperienza cristiana a vicini e lontani dalla Chiesa, i nuovi modi perché la comunità cristiana sia presente negli ambiti di vita dell’uomo, come lavoro, politica, economia, cultura, scuola, sport, giovani generazioni, malattia e sofferenza, carità verso i vicini e i lontani, cogliendo anche le attese e speranze dell’uomo. Questo ripensamento dell’evangelizzazione è necessario perché ormai anche la terra bergamasca è «una realtà terremotata», come aveva detto con un termine efficace e insieme crudelmente reale monsignor Amadei all’assemblea del clero del 2 giugno 1999. Terremotata perché, nonostante il persistere di una certa tradizione religiosa, anche la terra bergamasca è stata raggiunta dai fenomeni che già infierivano in altre realtà: scristianizzazione, dissolvimento del tessuto cristiano, smarrimento delle radici culturali, chiusure egoistiche, disimpegno generalizzato, paura del futuro. In questo nuovo contesto culturale, la Chiesa deve «esserci» per portare la parola di speranza del Vangelo.(16/09/2006)

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