Conclusa missione dei «gemelli spaziali»
La Nasa: «L’umanità è più vicina a Marte»

Un grande passo in avanti per l’umanità, che l’ha avvicinata a Marte: è questo, per l’amministratore capo della Nasa Charles Bolden, il significato della missione dei «gemelli spaziali» che si è conclusa nella mattinata di mrcoledì 2 marzo con il rientro a Terra dell’americano Scott Kelly dopo un anno sulla Stazione Spaziale.

Per tutto il periodo della missione i suoi parametri vitali sono stati confrontati con quelli del suo gemello identico Mark, rimasto a Terra. In questo modo sono stati raccolti dati preziosi per studiare le conseguenza dell’assenza di peso sull’organismo umano e per capire le contromisure necessarie per tutelare la salute degli astronauti che in futuro partiranno alla volta di Marte.

Insieme a Scott Kelly ha trascorso un anno tra le stelle (340 giorni per la precisione) il russo Mikhail Kornienko. I due sono rientrati all’alba a bordo della Soyuz insieme al collega Sergey Volkov, che ha invece affrontato una tradizionale missione di sei mesi. Per l’astronauta americano il tempo è comunque volato via, «davvero ho twittato mille foto? Pensavo di essere stato su per un attimo», aveva scritto su Twitter poco prima di lasciare la Stazione Spaziale.

«La missione di Kelly ci ha aiutato a fare un passo in avanti nell’esplorazione spaziale e a portare l’America su Marte - ha sottolineato Bolden salutando il rientro di Scott Kelly -. Scott è diventato il primo americano ad avere trascorso un anno nello spazio e, in questo modo, ci ha aiutato a fare un passo gigantesco nel posare i piedi sul pianeta rosso».

I circa 400 test cui si sono sottoposti Kelly e Kornienko hanno raccolto dati che permetteranno di studiare come l’uomo reagisce ad assenza di peso, isolamento, radiazioni e stress durante una lunga permanenza in orbita. Con le tecnologie oggi disponibili, infatti, una missione su Marte durerebbe ben più di un anno, considerando i viaggi di andata e ritorno, più il periodo di lavoro sul pianeta rosso. L’obiettivo è ambizioso ma potrebbe concretizzarsi intorno al 2040, come ha detto anche il capo del Jet Propulsion Laboratory (Jpl), Charles Elachi.

Arrivati entrambi sulla Stazione Spaziale il 28 marzo 2015, Kelly e Kornienko hanno già «assaggiato» un po’ di futuro: dei sei veicoli con i rifornimenti arrivati alla stazione orbitale, due erano le capsule di nuova generazione costruite e gestite dai privati per conto della Nasa: la Dragon della Space X e Cygnus della Orbital Atk.

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