È ancora guerra sulle traduzioni
Tutto s'incentra attorno a «mashi»

La «guerra» delle traduzioni della controversa frase di Mohammed Fikri passa dalla parola araba «mashi». «Nel Nord del Marocco significa "andare", ma nella zona di provenienza di Mohammed Fikri è utilizzata come negazione del verbo uccidere».

La «guerra» delle traduzioni della controversa frase di Mohammed Fikri passa in particolare da una parola araba che suona così: «mashi». «Nel Nord del Marocco significa "andare", ma nella zona di provenienza di Mohammed Fikri è utilizzata come negazione di un verbo, in questo caso il verbo uccidere», è la tesi dell'interprete nominata dalla famiglia di Yara.

Tesi che ha spinto il legale dei Gambirasio, Enrico Pelillo, ha depositare sul tavolo del gip Ezia Maccora un'opposizione formale alla (ennesima) richiesta di archiviazione del fascicolo a carico dell'operaio marocchino, avanzata dal pm Letizia Ruggeri.

Nel file audio dell'intercettazione si sentirebbero le consonanti «q» e «t» del verbo «qatala», uccidere, afferma l'intyerprete della famiglia Gambirasio, confermando dunque la primissima versione della traduzione: «Allah, non l'ho uccisa io».

«A fronte di questa traduzione – chiarisce l'avvocato Enrico Pelillo – non potevamo non presentare opposizione alla richiesta di archiviazione. Rimettiamo la questione nelle mani del giudice, come previsto dal Codice».

«Sono fermamente convinta – ha dichiarato il legale di Fikri, Roberta Barbieri – che Fikri non abbia mai pronunciato la frase "non l'ho uccisa io", così come la procura è convinta della sua estraneità ai fatti».

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