Fermata del treno in ospedale
Un lettore: alto il rischio del degrado

«La notizia che si progetta un qualche tipo di “fermata del treno all’ospedale Papa Giovanni XXIII” (come spiegato dal vostro giornale, l’ultima volta su L’Eco di domenica 6 Giugno) mi ha fatto tornare alla mente un convegno organizzato nel 2011 dal Consiglio delle Donne del Comune di Bergamo, intitolato “Abitare la Città: qualità urbana e vivibilità degli spazi pubblici”». Inizia così la lettera di un lettore che commenta la notizia di un’ipotetica fermata del treno al Papa Giovanni.

«Nello specifico un aneddoto raccontato, nel corso del suo intervento, dalla professoressa Clara Cardia (grande esperta anche di sicurezza urbana, prematuramente scomparsa a Ginevra il 30 Aprile di quest’anno); in una stazione di periferia della New York degli anni Settanta, sola e a tarda sera, una giovane donna doveva decidere se restare ad aspettare un autobus o accettare aiuto da uno sconosciuto in macchina, il racconto si concludeva con questa osservazione: “se questa stazione non fosse stata isolata, nel mezzo del nulla, se ci fosse stato un occhio amico, che guardava su quello spazio, una stazione di servizio, un albergo, un parcheggio di taxi, qualche casa illuminata dove correre a chiedere aiuto, la situazione non sarebbe stata così drammatica”».

«Orbene, che criteri di buona progettazione urbana saranno adottati per evitare che la fermata del Papa Giovanni diventi l’ennesimo punto di attrazione di degrado, criminalità ed insicurezza? Mi spiace usare l’aggettivo ennesimo, ma così va per città come Bergamo di questi tempi» commenta il lettore, che aggiunge: «Purtroppo, da quello che fino ad oggi ho letto, non mi pare che all’opinione pubblica giungano indizi dell’impiego di buoni criteri per la progettazione. A che cosa serve una fermata del treno al Nuovo Ospedale? Quanti utilizzatori del servizio si prevedono? Che necessità dovrebbe soddisfare? Cosa comporta la realizzazione dell’opera da qui al medio termine? E tra venti anni? Possibile che non si possano avere numeri su cui ragionare che non siano i 3 minuti in più da aggiungere al tempo di percorrenza dei convogli? In altre parole, come è possibile che nel dibattito sull’opera non si pongano le domande, e non si diano le risposte, sui costi e sui benefici?».

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