Fino alla fine diceva: tu come stai?
Costa Imagna dà l’addio a Massimo

Ha lottato fino all’ultimo, con un’incredibile forza di volontà, dando lui la forza a genitori, parenti e amici che venivano a trovarlo. Ancora domenica diceva a chi arrivava in reparto a Bergamo: «Come stai tu?».

Massimo Maconi, dopo 14 mesi di lotta con un tumore, ieri mattina se ne è andato per sempre nel reparto di oncoematologia pediatrica dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. Se ne è andato con i libri di studio ancora accanto al letto perché venerdì doveva sostenere una verifica a scuola, se n’è andato ancora con il sogno sempre vivo di giocare a calcio con i suoi ex compagni del Brembate Sopra.

Diciassette anni, di Costa Imagna, studente al terzo anno al liceo scientifico Lussana di Bergamo, Massimo ha incontrato per la prima volta il «mostro» lo scorso anno: un mal di pancia che non passava.

Dopo poche settimane, a settembre 2013, la tremenda sentenza: tumore. Ma la speranza di riprendersi, di potercela fare, quella non è mai venuta meno. «Aveva iniziato a giocare a calcio a 5-6 anni – ricorda lo zio Flavio Brumana – ed è sempre stata la sua straordinaria passione. Prima nella squadra a sette del Costa Imagna, con cui aveva vinto il campionato provinciale, poi in quella a 11 del Lemine e fino allo scorso anno col Brembate Sopra».

A fermarlo sui campi di calcio la malattia, le continue terapie a Bergamo e gli interventi chirurgici, quattro, di cui il principale a Milano. Ma la scuola proprio non vuole perderla. E fa di tutto per proseguire, facendo venire anche gli insegnanti nel reparto di pediatria, portandosi i libri in ospedale, fino a pochi giorni fa. «Lo scorso anno – ricorda ancora lo zio – causa naturalmente la malattia e le cure e nonostante i suoi sforzi, Massimo non era riuscito a seguire tutte le lezioni. Ciò nonostante il preside del Lussana gli aveva proposto di poter frequentare il quarto anno, di essere promosso». Così avrebbe voluto premiare il suo impegno, la sua grande tenacia, il suo coraggio. «È stato lui a presentarsi dal preside e a dire che non era giusto – prosegue lo zio –. Era troppo orgoglioso e non voleva essere favorito in alcun modo, voleva farcela a tutti i costi con le sue gambe, mettendoci tutto del suo. Così ha ripetuto la classe terza».

Dopo 14 mesi di cure, di operazioni ma anche di speranze, ieri mattina, verso le 9, l’addio. E anche coloro che nel reparto di oncoematologia pediatrica di Bergamo in questi mesi lo avevano seguito, sono scoppiati in lacrime. Massimo, figlio unico, lascia nel dolore mamma Marina e papà Alberto. I funerali saranno celebrati giovedì alle 15.

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