Fuga dal terremoto: due famiglie
trovano casa a Terno e Stezzano

In fuga dal terremoto, hanno trovato ospitalità o una casa in Bergamasca, a Terno d'Isola e a Stezzano. È la storia di due famiglie scampate ai crolli del devastante terremoto che ha colpito l'Abruzzo. Intanto in numero delle vittime è salito a 290.

TERNO
Il loro appartamento è stato semidistrutto dal terremoto e ora hanno trovato un tetto nella sede degli alpini a Terno d'Isola. Una sistemazione temporanea in attesa di poter trovare un nuovo alloggio, ma anche un lavoro.

È la vicenda di una famiglia albanese, padre, madre e due figli, che viveva all'Aquila, al quinto piano di un palazzo sito in via Francesco Filomusi Guelfi, a pochi metri dal centro storico della città, dietro al tribunale. La notte della forte scossa del terremoto, avvenuta alle 3.32, fortunatamente erano in macchina: avevano lasciato l'appartamento perché le precedenti scosse di terremoto tra mezzanotte e l'una li avevano impauriti.

«Abitiamo al quinto piano di un palazzo e le scosse sentite dopo la mezzanotte ci avevano spaventati - racconta Mustafa Kapllani, 47 anni, originario di Scutari (Albania), da 11 anni all'Aquila dove lavora come muratore - All'una ce n'è stata una molto forte, che ci ha spaventati, decidendo quindi di scendere a dormire in macchina».

Con la famiglia Kapllani è rimasto in città lunedì, dormendo ancora in macchina, una Ford Escort. Martedì la moglie Drite ha chiamato il fratello Dini Gani, 53 anni, che abita in via Bravi a Terno d'Isola, in un appartamento che divide con altri albanesi. Il fratello si è offerto di ospitarla ma fino a venerdì, quando sarebbero rientrati da una trasferta i suoi quattro coinquilini.

«Piuttosto che continuare a dormire in auto abbiamo lasciato l'Aquila e venuti a Terno - continua il racconto Kapllani - ci siamo recati in Comune a chiedere se c'era a disposizione un alloggio. Abbiamo parlato con il sindaco e poi con l'assistente sociale. Purtroppo, non trovando un appartamento, ci hanno messo a disposizione oggi la sede degli alpini. Il capogruppo degli Alpini e Protezione Civile, Pietro Cattaneo, è stato molto generoso con me e la mia famiglia. Oggi ci ha portati tutti al ristorante e ha pagato lui. Altri ci hanno lasciato pacchi di vestiti».

«La generosità di questo paese è grande e li ringrazio - spiega -. Il nostro desiderio è però di avere un alloggio come all'Aquila e poter trovare anche un lavoro. Io so fare il muratore, ma mi va bene qualsiasi occupazione».

Nella sede degli alpini la famiglia di Kapllani sfollata dall'Aquila rimarrà fino a martedì, poi sarà di nuovo ospite del fratello della moglie.

PRIMA A STEZZANO, POI A BERGAMO
Il televisore acceso manda immagini del terremoto e degli sfollati, e sul tavolino è ancora rimasta una fetta di colomba, mentre i bambini corrono da una parte all'altra della casa, giocano e si fanno i dispetti, ma nei loro occhi leggi ancora lo spavento provato quella notte, quando sono stati scaraventati giù dal letto dopo il terribile boato che, per fortuna, ha risparmiato l'appartamento nel quale abitavano.

Fatima Hamed, 33 anni, originaria del Ghana, è partita mercoledì pomeriggio da San Demetrio (comune a pochi chilometri da L'Aquila), in treno, senza nemmeno una valigia, una borsetta, un vestito di ricambio. E assieme ai suoi tre splendidi bambini, Arafat di dieci anni, Sharif di cinque e Latif, di appena nove mesi, è arrivata a Stezzano ospite di una famiglia di parenti di suo marito Isaka, che da anni vive in un piccolo appartamento di via Vallini, e che subito li ha accolti.

Il marito Isaka Karimou, 44 anni, del Niger, che lavora come fornaio, è rimasto nella tendopoli allestita al centro sportivo di San Demetrio. «Ho voluto portare i miei bambini lontano - racconta Fatima, visibilmente provata. - Dopo aver dormito due notti in macchina e uno nella tenda, al freddo e con molti disagi, oltre alla paura delle scosse che continuavano a ripetersi, ho preso i bambini, i biglietti del treno e senza nemmeno un soldo in tasca mi sono messa in viaggio. Per fortuna a Stezzano ci sono questi nostri parenti, Maimouna e Omar, coi quali ci sentiamo spesso e siamo molto legati. Ma anche i loro vicini di casa, i Servizi sociali del Comune e i volontari ci hanno subito accolto e aiutato».

L'appartamento è però troppo piccolo (anche Maimouna e Omar hanno tre bimbi piccoli, di otto, sei e quattro anni), così tramite la Caritas hanno trovato un alloggio in via Conventino a Bergamo.

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