Il vescovo: «Invochiamo la pace
E preghiamo per Vanessa e Greta»

Papa Francesco invita la Chiesa tutta all’assidua e fiduciosa preghiera per la pace e nella Giornata mondiale per la pace la diocesi di Bergamo ha fatto sua l’esortazione vivendo nel pomeriggio un intenso momento di preghiera.

Il silenzio, la recita dei Salmi, la lettura di alcune riflessioni e l’adorazione eucaristica hanno contraddistinto le ore precedenti la celebrazione presieduta dal vescovo di Bergamo Francesco Beschi. Nella chiesa del monastero delle Clarisse piccoli gruppi di persone si sono riuniti nel pomeriggio per poi dirigersi verso il Centro pastorale Giovanni XXIII a Paderno di Seriate. Nell’antica chiesa di sant’Alessandro i sacerdoti hanno guidato per alcune ore l’adorazione eucaristica e la preghiera.

Accanto al vescovo Francesco Beschi, sull’altare, il vescovo ausiliare emerito Lino Belotti e il vicario generale monsignor Davide Pelucchi, l’arciprete di Seriate monsignor Luigi Rossoni e un gruppo di sacerdoti della diocesi. Le parole del vescovo di Bergamo, nell’omelia hanno ripreso i passaggi del messaggio di Papa Francesco per la 48ª Giornata mondiale della pace, il cui tema è stato «Non più schiavi, ma fratelli», e sono poi entrate nella storia quotidiana, toccando le ferite che l’assenza di pace procura non solo a livello mondiale, ma nella vita di ciascuno. Sono le parole di preghiera di Papa Francesco quelle che monsignor Beschi ha ripreso all’inizio dell’omelia: «Quanta gente innocente e quanti bambini soffrono al mondo! Signore donaci la tua pace».

Il pensiero del vescovo è andato alle due giovani prigioniere in Siria. «In questa preghiera - ha detto - ricordo in modo particolare la giovane Vanessa Marzullo di Brembate, tenuta in ostaggio insieme a Greta Ramelli di Varese. Abbiamo registrato il loro messaggio e in questo contesto di preghiera vogliamo ricordarle, insieme a padre Dell’Oglio che ci auguriamo ancora vivo e a tutti quelli che sono tenuti sotto questa forma di schiavitù». Il vescovo ha parlato della schiavitù con parole dure contro una visione dell’uomo che trasforma l’altro in oggetto.

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