Impianti di sci come mezzi di trasporto?
Mozione in Regione: per non pagare Imu

Ha votato a favore anche il Gruppo regionale del Pd alla mozione sull’applicazione dell’Imu agli impianti di risalita delle stazioni sciistiche lombarde. Il documento, passato martedì 21 aprile all’esame dell’aula, esprime preoccupazione per la ricaduta economica che la tassa ha sugli esercenti e invita il Governo a prevedere uno sgravio dell’imposizione fiscale, riconoscendo gli impianti di risalita come mezzi di trasporto.

«Il punto è che il settore è gravemente in crisi e non è più in grado di competere con il resto delle stazioni sciistiche dell’Italia del nord – ha detto nel suo intervento Corrado Tomasi, consigliere regionale del Pd –. Tutti gli anni le nostre stazioni perdono una percentuale di presenze. E questo perché una caratteristica che deve avere una struttura del genere, altrimenti non si può considerare all’altezza, è di investire costantemente nel settore. L’impossibilità di farlo ha reso i gestori lombardi meno competitivi. A ciò si aggiunga che i cambiamenti climatici hanno richiesto impianti di innevamento sempre più efficienti e anche questo ha un costo».

Secondo Tomasi, dunque, «mantenendo il trend, nel giro di una decina d’anni, si arriverà a una chiusura di gran parte degli impianti, visto che ora non solo non riescono a fare investimenti, ma nemmeno a coprire la gestione ordinaria. Si potranno contare sulle dita di una mano quelli che si salveranno».

Più nel merito dell’applicazione dell’Imu è entrato il collega Mario Barboni: «Siamo favorevoli alla mozione proprio per la situazione in cui versano gli impianti di risalita lombardi, ma non siamo d’accordo con chi dice che è una tassa fatta per punire il nord: semplicemente è al nord che ci sono il maggior numero di impianti di risalita, per questioni climatiche, come è ovvio. E oltre tutto ricordiamo alla maggioranza che questa tassa è stata applicata dal Ministro Tremonti durante il Governo Berlusconi».

Ma al di là delle polemiche sull’Imu, i due consiglieri Pd hanno chiesto a Regione Lombardia un impegno ben preciso: «La Giunta e l’assessore competente devono, in tempi brevi, avviare un’indagine conoscitiva dei bilanci delle società di gestione e fare un quadro chiaro della situazione di questi impianti per poi intervenire sulla falsariga di quello che è stato fatto in Trentino, rimettendo letteralmente in pista un settore altrimenti destinato a collassare».

Soddisfatta anche la bergamasca Lara Magoni, consigliere regionale del Gruppo «Maroni Presidente»: «L’approvazione di tutto il Consiglio regionale della Lombardia ci lascia ben sperare. Il Governo non può far finta di nulla. Ci sono lavoratori che rischiano il posto di lavoro per una scelta che ha i caratteri di una totale follia».

«Nella sentenza della Corte di Cassazione – precisa la Magoni – l’impianto a fune non viene più considerato come trasporto pubblico bensì paragonato ad una normale attività commerciale. In Lombardia ci sono 48 esercenti di impianti a fune per complessivi 270 impianti e numerosi sono già sull’orlo del baratro. Stiamo parlando di circa 1.000 lavoratori diretti e di circa 7.000 mila per tutto l’indotto». «Chiediamo al Governo – conclude la vice-campionessa del mondo di sci – di rivedere la classificazione di una attività prevalentemente stagionale e di un tributo che colpisce sostanzialmente la regioni del Nord».

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