Incidenti alla Berghem Fest di Alzano:
concorso morale nei danni per gli ultrà

Secondo il giudice anche chi materialmente non lanciò bombe e non appiccò il fuoco alle auto è da giudicare colpevole, almeno sotto il profilo morale, perché avrebbe dovuto immaginarsi quello che sarebbe potuto succedere quella sera.

È per questo, in sintesi, che trentotto ultrà dell’Atalanta sono stati condannati per i disordini alla Bèrghem Fest, non solo per l’accusa di radunata sediziosa, ma anche per quelle (punite più duramente) di danneggiamento e lesioni, per il ferimento dell’ispettore di polizia Massimo Calcagno e il rogo di quattro auto, fra cui una della polizia locale di Alzano (60 mila euro il danno che gli ultrà dovranno rifondere al Comune).

È quanto si legge nelle 139 pagine della sentenza del maxi processo agli ultrà (147 imputati, 50 i condannati, fra cui il leader della Curva, Claudio «Bocia» Galimberti) depositate dal giudice Maria Luisa Mazzola. L’episodio della Bèrghem Fest di Alzano (25 agosto 2010) è stato fra quelli su cui maggiormente accusa e difesa hanno battagliato in aula. I legali degli imputati avevano chiesto l’assoluzione perché, di fatto, la polizia non era riuscita a identificare nessuno degli autori materiali dei danneggiamenti, compiuti da un manipolo di teppisti a volto coperto, con un blitz sul retro della tensostruttura affollatissima che ospitava un dibattito con tre ministri (Roberto Maroni, Roberto Calderoli e Giulio Tremonti).

I partecipanti alla manifestazione che furono identificati erano tutti a volto scoperto e a processo si sono difesi spiegando di essere andati ad Alzano solo per far sentire la loro voce di protesta «usando i fischietti contro la tessera del tifoso».

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