«Intimidazioni e violenza brutale»
La ’ndrangheta arriva in Bergamasca

«Gli sparo nella rotula, ho il 38 poi glielo appoggio e gli sparo nella rotula a tutti e due». È una delle frasi pronunciate da Antonio Galati, uno dei 13 uomini arrestati dai carabinieri nell’ambito di un’inchiesta sulle infiltrazioni della ’ndrangheta.

Una frase intercettata dagli investigatori nel corso di una conversazione con il suo «braccio destro» Saverio Sorrentino e riferite a due ex soci nell’impresa Tierre Srl che avrebbe cercato di intimidire per convincerli a scagionarlo nel procedimento per bancarotta fraudolenta della società, fallita il 30 ottobre 2008, aperto dalla Procura di Bergamo.

Uno spaccato di «violenza brutale», si legge nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip di Milano Alfonsa Ferraro, espressione di una «personalità incline alla violenza fisica». Si estendevano infatti anche in provincia di Bergamo gli interessi lombardi della cosca Mancuso di Limbadi, in Calabria, che aveva proprio in Antonio Galati, secondo gli inquirenti, un «esponente apicale dell’articolazione mafiosa».

Interessi che riguardavano in particolare aziende in cui reinvestire il denaro ricavato con le attività illecite, come ad esempio la società Ta.St. Sas, con sede a Fontanella, che gestiva un bar, le cui quote secondo gli inquirenti sarebbero state intestate «fittiziamente» a un prestanome. Gli arresti sono stati eseguiti nelle province di Milano, Como, Monza-Brianza, Vibo Valentia e Reggio Calabria.

I 13 indagati sono accusati di associazione a delinquere di stampo mafioso, detenzione e porto abusivo di armi, intestazione fittizia di beni, reimpiego di denaro di provenienza illecita, abuso d’ufficio, favoreggiamento, minacce e danneggiamento mediante incendio. Al centro delle indagini del Ros dei carabinieri, coordinate dal procuratore aggiunto della Dda di Milano Ilda Boccassini e dai pm milanesi Francesca Celle e Paolo Storari, due gruppi della ’ndrangheta radicati nel Comasco, con infiltrazioni nel tessuto economico lombardo.

Leggi di più su L’Eco di Bergamo del 29 ottobre 2014

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