La vecchia politica
e i vizi dell’Italicum

Si avvicina la resa dei conti sulla legge elettorale, il cosiddetto Italicum. Per Renzi si tratta evidentemente di una priorità, viste le aperture, invero ancora un po’ nebulose, che è sembrato fare sulla riforma del Senato pur di provare a ricompattare il suo partito sull’Italicum.

Si arriva a questo appuntamento in un clima teso e di forti divisioni. Le opposizioni interne ed esterne al Pd gridano al colpo di mano. Dobbiamo concedere a Renzi e al suo Governo che, nell’opposizione, interna ed esterna, nobili ragioni convivono disinvoltamente con interessi inconfessabili e innegabili ipocrisie. In questa battaglia si confondono dunque vari livelli di conflitto e differenti poste in gioco, non tutte -e forse nemmeno la maggior parte- davvero in connessione con la proclamata preoccupazione per la scarsa qualità democratica della legge elettorale proposta. Fa, ad esempio, francamente sorridere Berlusconi quando accusa Renzi di bulimia del potere.

Al netto di tutto ciò, e provando a ritagliarci uno spazio, se non asettico, almeno partiticamente non pregiudicato, non possiamo nasconderci elementi di insoddisfazione e anche di preoccupazione per la proposta dell’Italicum. Anzi tutto, ed è un vizio comune al processo di revisione costituzionale, il metodo prescelto è unilaterale. Si va verso una soluzione divisiva, visto che il Governo si accinge a votarsi da solo, magari con la fiducia e perdendo pure qualche pezzo, la legge elettorale: questo solo fatto, per una legge di sistema quale quella elettorale, costituisce un limite notevole.

La legge elettorale non dovrebbe mai entrare nel bottino della maggioranza temporaneamente al potere e anzi si dovrebbe mirare a una sua stabilizzazione che passa necessariamente per una larga condivisione. A questo proposito, Renzi e i suoi fans usano spesso l’immagine della necessità della forzatura per uscire dalla palude... Indubbiamente la palude c’è, e peraltro se ne giova lo stesso Renzi, destinatario (anche) di un consenso per mancanza reale di alternativa; eppure Renzi e il suo Governo non possono permettersi un simile «strappo». Questo non perché Renzi non sia stato eletto, posto che, nonostante la retorica e la cattiva informazione, a Costituzione vigente il Presidente del Consiglio non è selezionato direttamente dai cittadini, ma è nominato dal Presidente della Repubblica e, insieme al Governo, deve godere della fiducia del Parlamento.

Tra le ragioni che dovrebbero indurre il Governo a maggiore prudenza e moderazione sta innanzitutto la consapevolezza che la maggioranza risicata di cui gode per questo passaggio parlamentare, oltre a essere un cattivo viatico per una legge di durata, è l’esito di un abusivo rigonfiamento gentilmente offerto dalla legge elettorale del Porcellum. Si ha la tendenza a minimizzare questa circostanza. Inoltre, la prospettiva che l’Italicum offre al bipartitismo, con il doppio turno di lista -non di coalizione- e l’assenza della possibilità di apparentamenti tra il primo e il secondo turno, sembra un azzardo in tempi in cui nemmeno il bipolarismo (e cioè una dinamica competitiva tra due contrapposte coalizioni di partiti) appare realmente alle porte. E ciò a tacere dei difetti più vistosi della legge proposta, e cioè un premio di maggioranza che può consegnare a una esigua minoranza la maggioranza assoluta della Camera dei Deputati e il mantenimento del controllo, in capo alle segreterie dei partiti, di almeno della metà degli eletti, attraverso il gioco «furbetto» dei capilista bloccati e delle candidature plurime.

Insomma, pur facendomi carico della difficoltà del momento, ravviso una mancanza di equilibrio nella legge elettorale proposta e anche nella condotta del Presidente del Consiglio. In parte, l’esito scadente è frutto, a mio parere, della sbagliata scelta iniziale dell’interlocutore per la condivisione delle regole (elettorale e costituzionali). Berlusconi ha, da sempre, un atteggiamento meramente strumentale rispetto alle regole del gioco, che tende a piegare in relazione alle sue convenienze del momento (ci ricordiamo della bicamerale D’Alema?).

Renzi doveva ben sapere che l’ex Cavaliere ha il vizio di ripudiare, senza problemi di coerenza, gli accordi stretti, non appena questi non gli siano più funzionali, lasciando in mano all’ex alleato il cerino acceso di un’approvazione solitaria e, in quanto tale, criticabile Nemmeno mi convince la retorica, cui Renzi ambiguamente spesso fa ricorso, di essere paladino dei cittadini comuni che lotta da solo contro le resistenze della vecchia politica. Primo, perché è proprio con una manovra da vecchia politica che Renzi si è impossessato del potere; e poi perché quello che si accinge a compiere non è un sacrificio nobile, ma il tentativo di approvare una legge elettorale ritagliata su misura sulle sue convenienze e ambizioni di potere. Esattamente il vizio della vecchia e meno vecchia politica.

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