«Lizzola così è un paese morto
Ora ci chiedano almeno scusa»

Campo scuola di Lizzola, domenica mattina. Un gruppo di bambini si diverte a scendere con il bob, i grandi li osservano da vicino. «Abbiamo qui la casa e pure lo stagionale in tasca. Siamo arrabbiati e siamo in tanti».

Campo scuola di Lizzola, domenica mattina. Un gruppo di bambini si diverte a scendere con il bob, i grandi li osservano da vicino. «Abbiamo qui la casa e pure lo stagionale in tasca. Siamo arrabbiati e siamo in tanti». E annunciano che presto «potremmo rivolgerci a un’associazione dei consumatori per far valere i nostri diritti e avere un rimborso».

La delusione corre sulle bacheche, reali e virtuali, alimentata anche dalla desolazione di essersi ritrovati, sabato e domenica, in un paesaggio surreale, sopra Valbondione. Impianti chiusi, la neve non battuta che con questo caldo comincia a «mollare» .

Domenica fuori da un locale è comparso un foglio in cui si chiede ragione a chi, di punto in bianco ma non poi così a sorpresa, ha deciso di chiudere. «Spettabile Stl, siamo gli abitanti di Lizzola. Vi chiediamo gentilmente di chiarirci cosa abbiamo sbagliato in questi anni, di spiegarci come “la cattiveria di un paese ha portato alla chiusura degli impianti sciistici”. Detto ciò vi chiediamo di prendervi le vostre responsabilità per l’accaduto! E consigliamo di chiedere a tutti, turisti compresi, almeno scusa».

La lettera aperta, intitolata «Sci al... chiodo» reca tre firme. Una è di Marisa Semperboni, gestisce la pizzeria Cavandola in frazione. Ora che Sviluppo turistico Lizzola è in liquidazione, gli esercenti guardano desolati il registratore di cassa. Scontrini in picchiata «e sarà così sempre, senza impianti aperti» fa notare uno di loro. « Aver chiuso, comunque, forse è un bene: si potrà riprogrammare il nostro futuro. Siamo ottimisti: Lizzola ricomincerà a vele spiegate».

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