«Stringeva in pugno dell’erba a terra»
Bossetti è di nuovo in aula - la cronaca

Massimo Bossetti è di nuovo in aula. Il processo entra nel vivo con la testimonianza del colonnello Michele Lorusso, comandante del Raggruppamento operativo speciale dei carabinieri di Brescia.

La cronaca della giornata

Ore 17
Quando fu ritrovato il corpo di Yara Gambirasio, il 26 febbraio del 2011 nel campo di Chignolo d’Isola, la ragazza «stringeva in pugno dell’erba ancora radicata a terra». Lo ha ricordato l’ex comandante del Ros di Brescia, Michele Lorusso, rispondendo alle domande degli avvocati di Massimo Bossetti nel corso del processo al muratore di Mapello. Un dettaglio, quello ricordato dall’ufficiale e documentato da alcune fotografie, che indicherebbe come la ragazza fosse stata uccisa proprio in quel campo. Una delle circostanze che, invece, la difesa mette in dubbio.

Ore 15
L’ex comandante del Ros di Brescia, Michele Lorusso ha ricordato che il furgone cassonato Daily Iveco, che gli investigatori ritengono fosse di Massimo Bossetti, fu ripreso 6 volte dalle 18 alle 19,51 dalle telecamere di sorveglianza nei pressi della palestra da cui scomparve Yara. Alla certezza che quel furgone era quello del muratore, ha raccontato l’ufficiale, gli investigatori arrivarono attraverso uno screening condotto con l’aiuto del Ris e degli ingegneri progettisti della Iveco. Furono analizzati tutti i modelli immessi sul mercato dal ’99 al 2006, quando il muratore acquistò il furgone individuandone 20 mila: sono stati eliminati quelli che avevano caratteristiche incompatibili, riducendo la rosa a 4.500 mezzi. Questi 4.500 furono fotografati e chi ne aveva la disponibilità fu sentito a verbale. Ne emerse un cerchio ristretto di 5 mezzi (fra cui quello di Bossetti). Furono sentiti gli altri 4 proprietari e, confrontate le loro testimonianze con le risultanze dei loro tabulati telefonici, risultò che i 4 non potevano essere nella zona di Brembate il 26 novembre del 2010.

Ore 14
Il processo si ferma per la pausa pranzo con la certezza che l’ex dirigente della squadra mobile della questura di Bergamo, Gianpaolo Bonafini, non sarà ascoltato. La deposizione dell’ex dirigente della squadra mobile della questura di Bergamo è stata spostata al 2 ottobre.
Quella del colonnello Lorusso è stata invece lunga e dettagliata (tutti i dettagli a seguire) e poi toccherà alle domande degli avvocati della difesa e alle parti civili.

Ore 13,30
La svolta - ha spiegato il colonnello Lorusso - fu a partire dai Dna prelevati tra i 31 mila frequentatori della discoteca Sabbie Mobili di Chignolo d’Isola, nei pressi della quale dove fu trovato il corpo della ragazza. Poi l’analisi dei registri anagrafici portò a una rosa che comprendeva anche Ester Arzuffi, madre di Bossetti, che tempo prima volontariamente si era sottoposta al test: così gli investigatori giunsero alla certezza che era la madre di Ignoto1. Quindi cominciarono a concentrare l’attenzione su Massimo, e non sulla sorella gemella e sul fratello di cinque anni più giovane, perché il muratore era nato in un periodo in cui Guerinoni e la Arzuffi potevano essersi frequentati e poiché il Dna a loro disposizione era quello di un uomo «con gli occhi azzurri o verdi».

Poi il prelievo del Dna al muratore, nel corso di un controllo stradale simulato, con la prova dell’alcol test: dunque la comparazione con quello della madre e il fermo, il 16 giugno dell’anno scorso.

Bossetti, in aula, ha seguito seguendo con attenzione il resoconto dell’ufficiale. Durante una pausa dell’udienza, mentre era in gabbia, ha colto un cenno dei cronisti e si è avvicinato come se volesse dire qualcosa, ma poi ha desistito.

Ore 12,45
Il colonnello Lorusso ricostruisce nel dettaglio tutte le indagini. Da quelle sulla discoteca Sabbie Mobili si è risaliti a Damiano Guerinoni, nipote di Giuseppe Guerinoni, poi identificato come il padre naturale di Ignoto 1. Questo è stato possibile grazie al modello realizzato dall’Università di Tor Vergata. Da Guerinoni si è poi arrivati a Ester, la madre di Massimo Bossetti. Già a quel punto gli investigatori sapevano che la persona che stavano cercando aveva gli occhi azzurri o verdi.

Ore 12
In aula vengono mostrate immagini dei guanti, degli slip e dei leggins di Yara. Un passaggio che Bossetti ha seguito con attenzione. In precedenza il colonnello Lorusso ha spiegato che sul corpo erano stati individuati quattro Dna: uno era solo era stato identificato come dell’insegnante di ginnastica Silvia Brena.

Secondo il colonnello l’assassino doveva conoscere bene la zona di Chignolo d’Isola, dove è stato ritrovato il corpo, perché è difficile raggiungere. In precedenza Lorusso aveva ripercorso tutto quello che è emerso dal cellulare della ragazzina uccisa: sms, spostamenti, celle agganciate. L’intera rubrica e i contatti degli ultimi due anni erano stati passati al setaccio.

Ore 11
Il processo si ferma per una pausa

Ore 10,45
Il colonnello Michele Lorusso ha illustrato il sistema denominato «Carro», utilizzato nelle intercettazioni e in grado di dire in tempo reale se un telefonino, in linea di massima, è acceso e in quale macro area geografica si trova. Durante la sua testimonianza ha ripercorso i dati relativi al traffico del telefonino di Yara, fino agli ultimi sms. Lo spegnimento, ha confermato Lorusso, è avvenuto fra le 18,55 e le 19,11.


Ore 9,35
La quarta udienza al presunto assassino di Yara Gambirasio sta per iniziare: arrivano gli avvocati. L’imputato non si è visto, probabilmente è stato fatto passare da un ingresso laterale del Tribunale di via Borfuro.
All’esterno erano in attesa troupe televisive e ancora una volta tanti giornalisti, anche se il numero sembra decisamente più ridotto rispetto alle udienze precedenti.

Cosa è previsto
Lorusso e Bonafini sono due fra gli investigatori che più hanno contribuito alle indagini coordinate dal pubblico ministero Letizia Ruggeri
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Nelle prime udienze invece - nell’aula della Corte d’Assise presieduta dal giudice Antonella Bertoja - erano stati sentiti testimoni che hanno contribuito a ricostruire la vita di Yara e la sua ultima giornata.

Bonafini era a capo della squadra mobile quando fu compiuto il blitz all’interno della discoteca Sabbie Mobili di Chignolo d’Isola, di fronte al campo in cui poco tempo prima era stata trovato il corpo di Yara Gambirasio. Quella retata fu decisiva per le indagini: infatti dall’elenco degli oltre 30 mila iscritti al club (la discoteca funzionava come un circolo privato con tessera d’ingresso) venne estrapolato un elenco di giovani della zona da sottoporre a test del Dna. Fra questi nomi comparve anche quello di Damiano Guerinoni.

Il suo profilo biologico risultò poi sorprendentemente simile (sebbene non corrispondente) a quello di Ignoto 1, l’individuo misterioso che aveva lasciato una traccia sugli indumenti della vittima. In particolare la somiglianza riguardava il cromosoma Y, che si trasmette per via patrilineare. Ne scaturì una mastodontica indagine risalendo attraverso il ceppo familiare Guerinoni, arrivando fino a Gorno e concludendo che Giuseppe Guerinoni, un conducente di autobus morto nel 1999, era il padre biologico del presunto assassino.

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