«Meno cinghiali nella Bergamasca»
I consigli per chi va nei boschi

Non si è ancora spento il tam-tam mediatico sul problema cinghiali, tornato alla ribalta dopo l’aggressione da parte di un suide che ha portato alla morte in Sicilia di Salvatore Rinaudo, dopo quella di Severo Zatti ad Iseo, e le associazioni venatorie hanno preso posizione mentre a livello provinciale è utile capire la situazione del’animale a Bergamo

Numeri da considerare, luoghi di proliferazione, cambiamenti legislativi e danni per le attività agricole sono gli argomenti del giorno che hanno portato alla ribalta il problema, che in diverse zone d’Italia sta diventando preoccupante.

Tranquillizziamo in primis i cacciatori e appassionati escursionisti bergamaschi che percorrono sentieri che possono essere battuti dai cinghiali: nella nostra provincia il problema non si pone, come ci conferma il presidente del Comprensorio Alpino Prealpi bergamasche Maurizio Volpi: «Sono 3-4 anni che la presenza del cinghiale è in ribasso nel nostro territorio. I problemi alle piante di castagno, loro nutrimento, ne limita la presenza e di conseguenza si riproducono meno: la dimostrazione è nei danni e nelle richieste d’intervento e non è un caso che per quest’anno il piano di prelievo sia stato ridotto. Sono 20 anni che gestisco la caccia al cinghiale con 500 cacciatori che provengono dai vari tipi di caccia, con un minimo di precauzione non esiste alcun problema da noi».

Ecco invece qualche consiglio per chi si trova nei boschi, soprattutto a chi è accompagnato dal proprio cane: la normativa vigente non è amata dai cacciatori, perché dà la possibilità di vagare liberamente con il cane a qualsiasi persona e non a loro con cani addestrati. «Consiglio di legare il proprio cane, soprattutto quando si sente l’odore dell’animale, per il resto serve sempre un po’ di buonsenso – spiega Volpi –. L’animale non attacca: lo fa solo se è una femmina con i piccoli nel primo mese di vita e sente la presenza dell’estraneo, oppure per lo stesso motivo e si trova sulla stessa via di fuga dell’uomo: ma non lo fanno istintivamente, non vedono i colori, ma hanno un grande fiuto».

Anuu Migratoristi mette in evidenza il problema che da anni è stato denunciato dai cacciatori, quello dei danni alle colture e la preoccupazione dei risarcimenti in tempi di crisi. «È la questione dei danni provocati dalla fauna selvatica con cui gli addetti ai lavori si confrontano quotidianamente, doppiamente grave perché da un lato l’ammontare di quelli periziati non cessa di aumentare mentre, dall’altro, calano invece vistosamente le risorse pubbliche da destinarsi agli indennizzi. Risorse che, peraltro, derivano quasi per intero dalle tasse regionali versate annualmente dai cacciatori, quindi da un bacino tendente al decremento. Il che farà magari piacere agli animalisti ma amplificherà sempre più il problema… Resta il fatto che l’irsuto abitante delle più fitte macchie dovrà essere “gestito” con la massima urgenza e soprattutto con la massima razionalità: non demonizzato né idolatrato. Perché, se tutti predicano l’equilibrio tra specie come massimo obiettivo di buona gestione faunistica, col cinghiale si accettano deroghe al contrario? Diamoci una mossa, almeno per rispetto di Rinaudo e di tutti coloro, e sono tanti, che dal cinghiale ricavano più dolori che gioie, più svantaggi che benefici, più perdite che guadagni». Federcaccia, Enalcaccia e Arciaccia chiedono una convocazione al ministero dell’Ambiente e a quello delle Risorse agricole per discutere della difficile situazione.

«Alla base vi sono responsabilità di una insufficiente gestione, e soprattutto di incapacità delle istituzioni preposte, ma anche prese di posizione prevaricatorie e ideologiche degli animalisti che, perseguendo il solo scopo di salvaguardare l’animale, hanno non minore responsabilità, avendo favorito e moltiplicato le “aggressioni” del cinghiale contro il patrimonio agricolo nonché determinato con la presenza del suide su strade, in città e in orti o giardini di abitazioni private, un crescente pericolo per la vita, come purtroppo l’episodio di Cefalù ha dimostrato... C’è bisogno subito di una normativa semplice e tempestivamente applicabile che affronti il tema delle specie selvatiche che recano danni al Paese. Siamo pertanto in attesa che al Ddl di riforma della legge 394 sui Parchi (da qualche anno in Parlamento e che affronta questi temi), venga data priorità assoluta, al fine di poter applicare da subito gli strumenti necessari, e senza ipocrisia tra questi anche il fucile, per controllare la inarrestabile diffusione dei cinghiali».

«Infine, in caso di bisogno di aiuto da parte dei cacciatori, Acl afferma che non farà mancare il proprio apporto. Bisogna consentire il controllo del territorio, anche nei Parchi, avvalendosi di squadre autorizzate e specializzate di cacciatori, per il contenimento durante tutto l’anno di questo suide che sta proliferandosi in modo allarmante. Come Cacciatori lombardi, Acl, senza che qualcuno, come è abituato a fare, faccia le solite polemiche e le solite proposte come la «sterilizzazione» delle nutrie, con senso di responsabilità civica e sociale, siamo a disposizione per affiancare le competenti autorità ed affrontare l’emergenza in atto».

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