«Mio marito si è ucciso, ma era innocente
Non ha retto il peso di accuse ingiuste»

«Lo scriva a caratteri cubitali e metta pure il mio nome e cognome: mio marito era innocente, non ha retto il peso di accuse ingiuste».

Ne è convinta Andreina Sebastiani: è stata l’angoscia provocata dal vedersi accusato «ingiustamente» di un reato infamante a spingere suo marito Roberto Crespi, 68 anni, a salire sul tetto di casa sua a Gorlago e lanciarsi nel vuoto, nel pomeriggio di San Silvestro. Non il rimorso o il senso di colpa di chi è stato scoperto, bensì la disperazione di un uomo che si professava innocente ed era finito sotto inchiesta con un’accusa particolarmente odiosa: abusi su minori.

Crespi faceva il rappresentante e abitava a Gorlago, in via Asperti 11. Incensurato, da pochi giorni aveva appreso di essere finito nel registro degli indagati. Il pm Letizia Ruggeri aveva aperto un fascicolo a suo carico con l’accusa di abusi su due sorelline. Le contestazioni si riferivano a presunti episodi abbastanza datati, che sarebbero avvenuti fra il 2007 e il 2009, emersi soltanto di recente per via di una circostanza particolare.

Una delle due ragazzine, in un tema scolastico durante l’ora di Religione, avrebbe fatto allusioni a presunte attenzioni particolari ricevute anni addietro (da quando aveva 7 anni fino ai 9) da parte dell’uomo. La scuola si era attivata, la famiglia era stata informata. Ne è nato un procedimento penale, che era soltanto alle fasi iniziali. Poco prima di Natale la polizia giudiziaria si era presentata a casa di Crespi per sequestrargli il computer, sul quale gli inquirenti avevano intenzione di svolgere analisi. In quel momento l’uomo aveva saputo di essere sotto inchiesta.

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