Omicidio Puppo, attesa la sentenza
Ma non arriverà prima delle 18 di oggi

Per l’omicidio Puppo, che vede imputato come mandante l’architetto-immobiliarista Fabio Bertola, la sentenza è attesa non prima delle 18 di venerdì 6 marzo. Arriverà dunque in serata.

Come era già noto, la richiesta del pubblico ministero Carmen Pugliese è di ergastolo senza alcuna attenuante generica. Bertola è accusato di essere il «regista» dell’omicidio di Roberto Puppo, l’operaio 42enne di Osio Sotto ammazzato brutalmente in Brasile nel 2010 allo scopo - secondo l’accusa - di intascare cinque polizze vita (con beneficiari la moglie di Bertola, Alberto Mascheretti e Valentino Masin) per un importo complessivo di 1 milione e 250mila euro.

Stamattina c’è stato l’intervento di uno degli avvocati difensori di Bertola, Riccardo Tropea, che ha confermato la richiesta di assoluzione per il suo assistito. Assoluzione perché Bertola, per l’avvocato, non avrebbe mandato Puppo in Brasile per aprire un negozio online, visto che si sarebbe potuto aprire benissimo senza fare un viaggio in Sudamerica. Puppo sarebbe andato in Brasile per una ragazza brasiliana che aveva conosciuto. Se Puppo fosse andato effettivamente in Brasile per un lavoro propostogli da Bertola - ha argomentato l’avvocato - l’avrebbe detto alla sua famiglia, preoccupata perché il 42enne era rimasto senza lavoro, che invece era ignara di tutto.

Tropea ha aggiunto anche che quando è trapelata la notizia che una donna dal Brasile accusava Bertola è stato quest’ultimo ad andare subito dai carabinieri: «è stato - parole dell’avvocato - il comportamento, forse ingenuo, di una persona innocente che voleva far chiarezza sulla sua posizione».

Il pm Pugliese ha ribadito la richiesta di ergastolo sottolineando: «Ci fosse stato il sì per la rogatoria in Brasile il processo da indiziario si sarebbe trasformato in un processo con prova testimoniale. Non l’avete voluta? Amen». Il pm ha inoltre chiesto che Bertola, attualmente agli arresti domiciliari nella comunità di don Fausto Resmini, vada invece agli arresti domiciliari in un ospedale giudiziario perché - a condanna avvenuta - ci sarebbe il pericolo di fuga.

Ricordiamo anche che l’avvocatessa delle parti civili, Emanuela Sabbi, aveva chiesto un risarcimento di un milione di euro per ogni familiare di Roberto: i genitori e la sorella.

© RIPRODUZIONE RISERVATA