Paziente soffocò e finì in coma
Un primario è stato condannato

Un pezzo di pane che va di traverso, toglie il respiro troppo a lungo. Il 13 novembre 2008 la vita di Giovanna Camilla Ferrari, e della sua famiglia, cambia per sempre. La donna, originaria di Endenna di Zogno, entra in coma, e da allora è in stato vegetativo, ospite al Don Orione.

Un pezzo di pane che va di traverso, toglie il respiro troppo a lungo. Il 13 novembre 2008 la vita di Giovanna Camilla Ferrari, e della sua famiglia, cambia per sempre. La donna, originaria di Endenna di Zogno, entra in coma, e da allora è in stato vegetativo, ospite al Don Orione.

Sei lunghissimi anni, di sofferenza e di carte bollate. La signora, infatti, all’epoca dei fatti 61 enne, si trovava ricoverata nel reparto di Psichiatria 2 degli Ospedali Riuniti, affetta da un disturbo bipolare cronico. Il soffocamento è stato un incidente o è stato causato dalla negligenza di chi avrebbe dovuto assisterla?

Il giudice monocratico di Bergamo Massimiliano Magliacani, con la sentenza del 30 giugno scorso, a fronte della richiesta di un anno, ha condannato il primario (che svolge anche le funzioni di direttore del Dipartimento di salute mentale al Papa Giovanni) Massimo Rabboni a 20 giorni (convertiti in una pena pecuniaria di 5 mila euro), quale accusato di lesioni personali, «per non avere predisposto nel reparto da lui diretto – come si legge nel capo d’imputazione – apposite linee guida atte a prevenire i rischi di soffocamento nei pazienti sottoposti a terapia antipsicotica e la presenza costante in sala da pranzo di operatori addetti a controllare che l’alimentazione procedesse lentamente e pronti a intervenire nel caso di difficoltà di qualunque tipo». Preannunciato il ricorso in appello.

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