Piazza Fontana, la strage 45 anni fa
«Così mio marito si salvò dalla bomba»

Il 12 dicembre 1969 una bomba scoppiò nella sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura in piazza Fontana a Milano, uccidendo 17 persone. Un bergamasco tra i sopravvissuti.

Francesco Cugini, agente di commercio di Bergamo, oggi ottantacinquenne, quel giorno era là, in piedi tra i morti, a pochi metri dalla voragine scavata nel pavimento dallo scoppio che innescò gli Anni di piombo, la stagione delle stragi che hanno sconvolto l’Italia. È la moglie, Cecilia Testa, a ricordare per lui: «Franco era entrato nella banca per parlare con un cliente, uno che conosceva già. Era un uomo robusto, molto alto».

Era Carlo Garavaglia, uno dei 14 morti sul colpo, poi il conto salì a 17. «Il suo corpo aveva fatto scudo a quello di mio marito. L’onda d’urto della bomba e le schegge hanno colpito lui. L’hanno decapitato... Dopo l’esplosione, Franco era riuscito a scappare fuori dalla banca, era tornato nella piazza. Poi, nella confusione dentro e fuori, aveva pensato alla borsa che aveva con sé». «Tra le cose che, chissà perché, io ho fissato nella testa – racconta ancora Cecilia – c’è questa: Franco che mi racconta l’effetto del sangue che colava nelle scarpe, come calpestare il fango... Torna dentro, non sono ancora arrivate le ambulanze, né la polizia, ci sono solo i feriti che si lamentano, i vivi che urlano di terrore e i morti. Il corpo del suo cliente, la testa non c’è più. Capisce perché dopo, dopo quando è tutto finito, abbiamo cercato di parlarle il meno possibile?».

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