Ricercatori del «Negri» scoprono come «rigenerare» il rene malato

Se opportunamente «aiutato», il rene è in grado di rigenerare i propri tessuti malati. La scoperta arriva dagli esperti dell’Istituto Mario Negri ed apre importanti prospettive: l’obiettivo futuro è, infatti, quello di arrivare alla completa autorigenerazione del rene malato, evitando così la necessità del trapianto o della dialisi.Lo studio, pubblicato sulla rivista Kidney International (organo ufficiale della Società Internazionale di Nefrologia), è stato coordinato dall’immunologo Giuseppe Remuzzi, dell’Istituto Mario Negri e direttore del dipartimento Trapianti dell’ospedale di Bergamo.La «chiave», ha spiegato Remuzzi, sta in una particolare categoria di farmaci, i cosiddetti «Ace inibitori» (normalmente usati per abbassare la pressione arteriosa).«Da anni - ha sottolineato Remuzzi - studiamo infatti la possibilità di rallentare la progressione delle malattie renali attraverso questo tipo di farmaci, che si sono appunto dimostrati in grado di ridurre la velocità con cui le malattie renali degenerano rendendo così necessario il trapianto».Ma, dopo un trattamento farmacologico prolungato di questo tipo (circa 8-10 anni), i ricercatori hanno osservato inaspettatamente che le funzioni del rene cominciavano a migliorare: «A questo punto - ha proseguito Remuzzi - abbiamo avviato una sperimentazione su ratti affetti da malattia renale cronica. I ratti sono stati cioè trattati con i farmaci Ace inibitori per tutta la loro vita. Una volta morti, ne abbiamo analizzato i tessuti renali: abbiamo così osservato che, mentre nei ratti non sottoposti a trattamento farmacologico si evidenziavano gravi lesioni del rene, nel gruppo trattato con farmaci Ace era al contrario visibile una rigenerazione dei capillari nel tessuto renale malato».Proprio questa, ha commentato l’esperto, «è la dimostrazione che il rene è in grado di rigenerarsi e riparare i danni del tessuto malato se aiutato da farmaci che bloccano la progressione della malattia».I ricercatori del Dipartimento di Bioingegneria hanno impiegato una nuova tecnica di ricostruzione tridimensionale di immagini digitali, e proprio queste immagini ultra-perfette hanno permesso loro di scoprire che il trattamento non solo fa regredire le lesioni, ma aumenta in modo cospicuo il tessuto sano. Risultati, ha osservato Remuzzi, <<che aprono una nuova strada nella terapia delle malattie renali croniche. Mentre fino ad ora si è infatti solo cercato di rallentare la velocità di riduzione della funzione renale per allontanare nel tempo la necessità di ricorrere alla dialisi o al trapianto, oggi sembra possibile riuscire a fare regredire il danno renale al punto da recuperare la stessa funzione renale>>.L’obiettivo del prossimo futuro è, quindi, quello di arrivare alla autorigenerazione del rene malato, anche se resta da capire il perchè tali farmaci riescano ad innescare questo meccanismo di auto-riparazione: una delle ipotesi, ha sottolineato Remuzzi, è che cellule staminali del midollo osseo riescano ad arrivare al rene e, stimolate dai farmaci, a formare nuovi capillari che sostituiscono, nel tempo, il tessuto danneggiato dalla malattia. <<La sperimentazione sull’uomo - ha osservato l’esperto - è già avviata e si hanno i primi risultati positivi. Ma la scoperta ha una valenza ancora più ampia, poichè - ha concluso Remuzzi - sapere che i tessuti possono rigenerarsi è importante non solo per le malattie renali, ma potrà avere applicazioni per tutta la medicina dell’insufficienza d’organo, dal cuore al fegato, al pancreas».(27/04/2006)

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