Se n’è andato il «signor Braulio»
Patron del celebre amaro

Se n’è andato Egidio Tarantola Peloni, il patron dell’amaro Braulio morto all’età di 75 anni. Era il papà del Braulio, uno dei simboli della “Magnifica Terra” di Bormio, un amaro tra i più apprezzati e dal gusto inimitabile, fatto col cuore.

Con la morte di Egidio Tarantola Peloni, Bormio perde uno dei suoi imprenditori più lungimiranti, un uomo attento a trasmettere valori - come la ricetta per la produzione dello storico amaro, a tutt’oggi segreta e tramandata di padre in figlio -, un perfezionista nella sua professione, un uomo pacato e gentile. Impegno per il paese Mai sopra le righe, definito un signore con la “S” maiuscola, nella vita ha dato molto al suo paese dove è stato impegnato anche dal punto di vista politico, turistico, promotore di iniziative - come il palaghiaccio - che, ancor oggi, “portano” la sua firma. Meticoloso ed appassionato del suo lavoro, ha portato avanti con successo una storia nata nel 1875, quando il farmacista Francesco Peloni combinò alcune erbe officinali in un’alchimia preziosa, inconfondibile, una ricetta che annovera tredici erbe e piante officinali, tra le quali assenzio, bacche di ginepro, achillea moscata e radici di genziana. Questi “gli ingredienti” noti; gli altri sono conosciuti da pochissime persone, una tradizione di famiglia che ha visto in Egidio Tarantola Peloni uno dei suoi più fervidi esponenti. E così quell’amaro, nato in una storica farmacia del centro di Bormio, adesso riposa nelle cantine ubicate al di sotto della via Roma, un labirinto sotterraneo che si ramifica proprio sotto le strade e le case del paese e che ne contraddistingue anche l’immagine turistica. Un prodotto di qualità che, dalle prime 36 bottiglie uscite a fine Ottocento dalla distilleria, ha fatto passi da gigante mantenendo comunque immutati la passione, la pazienza - l’amaro invecchia dai due ai tre anni prima di finire sul mercato - ma anche la semplicità dei suoi ingredienti, quella che l’ha fatto diventare “grande” proprio come Tarantola e i suoi figli hanno dovuto diventare prima di apprendere i segreti della ricetta. Lui la ricevette “in eredità” dallo zio Attilio - che lo fece aspettare un po’ prima di dichiararlo pronto al grande passo - e, anni dopo, tramandò quel segreto ai suoi figli. Un amaro, il Braulio al quale, nel corso degli anni, guardarono con interesse imprenditori e multinazionali come quando arrivò a Bormio Ettore Castellani, che aveva sposato la figlia di Ramazzotti, convinto di poter rilevare l’azienda. Poi, per Tarantola, i primi approcci con la media e grande distribuzione, ignara dell’unicità del prodotto, dei suoi lunghi tempi di produzione. Però, a quel tempo come oggi, non c’è famiglia a Bormio - ed ora anche in diverse parti del mondo (l’amaro è arrivato anche in Giappone e Australia) - che non abbia in cantina una bottiglia di Braulio. «Decisi di mollare totalmente il commerciale - raccontava il patron del Braulio in una speciale ed attenta intervista rilasciata a “La Provincia di Sondrio” nel lontano 2004 - nel momento in cui, al tavolo con rappresentanti e distributori, mi fu rifiutato l’ordine di una grande catena di supermercati perchè il mio prodotto costava cento lire in più di un altro che, nel giro di due mesi, poteva essere commercializzato. Capii che il Braulio aveva bisogno di rimanere quello che era. Senza snaturare le sue caratteristiche e continuando la sua tranquilla vita in botte». E sarà ancora così. Attualmente a custodire quei segreti e a portare avanti quella ricetta c’è soprattutto il figlio Edoardo, erede di un’azienda che ha fatto la storia di Bormio.

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