Sette bicchieri alla settimana
L’Inghilterra dichiara guerra al vino

L’equivalente di sette bicchieri di vino alla settimana, non uno di più. E’ il nuovo limite draconiano suggerito ai bevitori dagli specialisti del dicastero britannico della Salute. Limite oltre il quale viene ritenuta superata la soglia di rischio nel consumo di alcolici, indicati fra l’altro in modo esplicito come potenziali concause di alcune forme di cancro.

Annunciate fin dai giorni scorsi, le linee guida aggiornate fissate in materia dal «chief medical» del ministero, Sally Davies, sono state pubblicate oggi. E rappresentano un giro di vite significativo rispetto al passato, tanto da far temere ad alcuni commentatori lo spettro di una sorta di tendenza verso un proibizionismo soft. O, come denuncia il Daily Telegraph, da proiettare l’ombra di un severo «Stato balia» («nanny State») impegnato a sollecitare, se non imporre, comportamenti virtuosi.

Al di là delle polemiche, tuttavia, il rapporto ministeriale firmato da Sally Davies accredita il concetto che il consumo di alcol non sia salutare neppure se moderato. Innanzi tutto liquida come un’idea ormai sorpassata - a dispetto di alcuni studi diffusi qualche anno fa - quella in base alla quale un sorso di vino a pasto, faccia bene e allontani persino il pericolo di attacchi al cuore. Al contrario cita il sospetto di legami diretti fra l’assunzione di alcolici e un incremento del rischio di tumori «alla bocca, alla gola, al seno».

Di qui la revisione al ribasso dei limiti consigliati e la fine di ogni distinzione fra uomini e donne. Si passa da 21-28 dosi (drink units) settimanali ad appena 14 per gli uomini; e da 14-21 a 14 tassative per le donne. Dosi che significano 6 pinte di birra o 7 bicchieri di vino da 175 millilitri ciascuno. Ma non è tutto: il ministero di Suà Maestà consiglia di bere non più di quattro giorni alla settimana e di riservare alla sobrietà totale («alcohol free») gli altri tre. Mentre per le donne in gravidanza l’indicazione è radicale: zero alcolici.

In sostanza il messaggio è che non esiste un livello di consumo sicuro e salutare di alcol, dato che anche piccole quantità possono aggravare i rischi di patologie serie. E che non vi sono territori franchi nemmeno per il vino, bevanda che negli ultimi anni sta recuperando terreno rispetto alla popolare birra nel costume e sulle tavole dell’isola. Messaggio che del resto non sarà facile far digerire ai sudditi del Regno Unito. Un Paese in cui resta vivo e leggero il ricordo di figure quali l’amatissima ultima «regina madre» - morta centenaria dopo aver sorseggiato quotidianamente per decenni le sue razioni di gin tonic - e dove il rapporto con gli alcolici appare una tradizione consolidata. Al punto da diventare talora una piaga, specialmente fra gli adolescenti. A testimoniarlo sono le statistiche: basti pensare che, stando a un’indagine recente ripresa oggi dalla Bbc, nella realtà dei fatti oltre un terzo dei britannici ammette di scolarsi con regolarità più di 28 dosi alla settimana. E un 15% di sfiorare o superare addirittura la cinquantina.

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