Sommersi da email, telefonate e tweet
Quando il multitasking rovina il cervello

Telefonate, email, Facebook, Twitter, WhatsApp, Skype. Siamo sempre connessi e multitasking, ma questo non significa essere efficienti: fare troppe cose insieme può renderci meno produttivi. L’allarme del neuroscienziato Daniel J. Levitin. Guarda il video.

Levitin, professore alla McGill University e autore del libro «La mente organizzata: restare lucidi nell’era dell’eccesso di informazione» in un articolo sul quotidiano britannico The Guardian mette in guardia sui rischi del multitasking, in genere considerato positivo: «Trent’anni fa – scrive – gli agenti di viaggio si occupavano delle nostre prenotazioni aeree e ferroviarie, i venditori ci aiutavano a trovare quello che cercavamo nei negozi, e dattilografi professionali o segretari aiutavano le persone impegnate con la corrispondenza. Ora facciamo la maggior parte di quelle cose noi stessi. Stiamo facendo i lavori di 10 persone diverse, cercando anche di tenere il passo con la nostra vita, i nostri figli e genitori, i nostri amici, le nostre carriere, i nostri hobby e i nostri programmi televisivi preferiti».

Gli smartphone ormai sono dei «coltellini svizzeri» che ci consentono di fare molte operazioni ovunque: telefonare, consultare siti internet, chattare, mandare email, pubblicare messaggi sui social network e altro ancora. «C’è un unico neo – scrive Levitin –. Pensiamo di fare diverse cose contemporaneamente, ma è una illusione potente e diabolica. Earl Miller, neuroscienziato del Mit e uno dei massimi esperti mondiali di attenzione divisa, dice che il nostro cervello “non è cablato bene per il multitasking”. Quando la gente pensa di essere multitasking, in realtà sta facendo solo il passaggio da un compito ad un altro molto rapidamente. E ogni volta c’è un costo cognitivo nel farlo».

Non è un bene per il nostro cervello: «Si è visto che il multitasking – scrive Levitin – aumenta la produzione di cortisolo, l’ormone dello stress, e di adrenalina, l’ormone del “lotta o scappa”, che può stimolare eccessivamente il cervello e causare annebbiamento o pensieri disturbati. A peggiorare le cose, il fatto che la corteccia prefrontale ha una “distorsione da gadget”, il che significa che la sua attenzione può essere facilmente distratta da qualcosa di nuovo».

Il neuroscienziato cita poi alcuni studi, tra cui una ricerca dello psicologo Glenn Wilson. «Haa scoperto quando trovarsi in una situazione in cui si sta cercando di concentrarsi su un compito e si ha una email non letta nella posta in arrivo, può ridurre il quoziente intellettivo effettivo di 10 punti». «Wilson – aggiunge – ha mostrato che le perdite cognitive da multitasking sono ancora superiori alle perdite cognitive dei fumatori di cannabis».

Il multitasking «fa sì che il cervello bruci il suo “combustibile” così rapidamente che ci sentiamo esausti e disorientati dopo anche per breve tempo – scrive Levitin –. Abbiamo letteralmente impoverito i nutrienti nel nostro cervello. Questo porta a compromessi in termini di prestazioni cognitive e fisiche». Il rischio, insomma, è quello di essere meno efficienti.

E a peggiorare le cose c’è il fatto che essere multitasking costringe a prendere tante decisioni diverse in modo rapido: «Rispondo a questo messaggio di testo o ignorarlo? Come faccio a rispondere a questo? Come faccio a presentare questa email? Devo continuare quello che sto lavorando ora o fare una pausa? Si scopre – scrive l’esperto – che il processo decisionale ha un impatto anche sulle risorse neurali e che le piccole decisioni sembrano prendere tanta energia quanto quelle grandi. Una delle prime cose che perdiamo è il controllo degli impulsi. Si innesca rapidamente uno stato di impoverimento in cui, dopo aver preso un sacco di decisioni senza senso, rischiamo di finire con il decidere davvero male su qualcosa di importante».

Il rischio è anche quello di diventare dipendenti: «Ogni volta che inviamo una email sentiamo un senso di realizzazione e il nostro cervello riceve “ormoni di ricompensa” che ci dicono abbiamo realizzato qualcosa. Ogni volta che controlliamo Twitter o Facebook incontriamo qualcosa di nuovo, che ci fa sentire più connessi socialmente e ci fa arrivare un’altra cucchiaiata di ormoni ricompensa». «Controllare email, Facebook e Twitter – conclude Levitin – costituisce una dipendenza neurale».

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