Viado ucciso, giallo sull’identità
Al setaccio i telefoni cellulari

È ancora senza nome il transessuale ucciso sabato mattina a Villa d’Adda da Daniel Savini, 31 enne di origini guatemalteche che si trova in carcere con l’accusa di omicidio volontario.

I carabinieri hanno sequestrato la borsetta in cui il viado aveva il telefono cellulare e il portafogli, ma non hanno trovato i documenti. Le impronte digitali non sono nella banca dati delle forze dell’ordine e nessun parente o amico, fino a ieri, si è presentato dai carabinieri per reclamare la salma. Attraverso i numeri nella rubrica del cellulare gli inquirenti sperano di riuscire a rintracciare qualche conoscente e dare un nome alla vittima, un 45enne di carnagione olivastra, forse sudamericano. Era vestito da uomo ma indossava scarpe con i tacchi e una parrucca bruna.

Il viado era steso a pancia in giù, in una pozza di sangue, con la testa rivolta verso la portafinestra. Appena lo hanno girato hanno visto il volto sfigurato: era stato raggiunto da decine di coltellate al torace e colpi alla testa con un bastone di legno e forse con una bottiglia rotta. L’assassino ha infierito su di lui con furia cieca, probabilmente sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, che però non sono state trovate in casa.

Si attende l’esito degli esami a cui è stato sottoposto il 31enne all’ospedale Papa Giovanni XXIII per capire se e quali sostanze abbia assunto. Quanto all’alcol, è stata ritrovata una sola bottiglia di birra. I carabinieri stanno cercando riscontri alle sue dichiarazioni, ma molto lo farà l’analisi dei tabulati e delle celle telefoniche dei cellulari di Daniel Savini e della vittima.

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