«Tre scosse, la valanga e la catastrofe»
Drammatico racconto del medico alpinista

Ecco uno stralcio della testimonianza di Annalisa Fioretti, alpinista e medico alla clinica Quarenghi di San Pellegrino, che ha rivissuto sul suo profilo Facebook i drammatici momenti del terremoto al campo base dell’Everest-Lhotse.

« Verso le 11,45 ho sentito il pavimento della tenda muoversi. La mia mente razionale ha subito scartato l’ipotesi di un terremoto: in Himalaya? Peccato che alle prime due scosse sussultorie ne sia seguita una molto forte, ondulatoria, che mi ha scatenato una nausea mostruosa. Mi sono affacciata alla tenda infilandomi a razzo gli scarponi sentendo Mario che urla «fuori» e contemporaneamente Seba che dice «arrivaaa»...».

«Mi volto verso il Pumori e vedo una nube grigia arrivare a una velocità incredibile, mi butto nella mia tenda e urlo «Marcoooo quiii!», e Marco si tuffa nella mia tenda seguito da Mario. Pochi secondi e la tenda viene invasa da polvere di neve e sabbia che ci entra nelle vie aeree mentre mi proteggo con un braccio e con l’altro cerco di reggere il tetto della tenda che viene schiacciato dall’urto, per creare una sacca d’aria. Secondi che paiono ore. Poi tutto finisce e ci alziamo con la neve ovunque che ci ha creato baffi, barbe e sopracciglia da babbi natale come fosse collosa».

«Le nostre tende sono distrutte e ammucchiate, ma noi siamo coperti da dei seracchi. E attorno? Faccio dieci metri e trovo le prime persone: uno sherpa col bacino rotto pieno di sangue e un altro incastrato nel telo della tenda col viso insanguinato. Allora intuisco la catastrofe! Riempio lo zaino di bende, fiale di anestetico e antidolorifici, flebo e siringhe, infilo due paia di guanti e corro alla tenda medica».

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