A Curno l’arca di Noè
per le piante lombarde

L’ente che si occupa di salvaguardare la biodiversità floristica dell’intera Lombardia è il Vivaio forestale regionale di Curno, gestito da Ersaf, l’Ente regionale per i servizi all’agricoltura e alle foreste. Il numero di ottobre di eco.bergamo ospita un ampio servizio sul Vivaio, cui è dedicata anche la fotografia di copertina di Gian Vittorio Frau.

«Produciamo solo piante forestali autoctone della Lombardia – spiega il tecnico del Vivaio, Giovanni Ravanelli – o che, nel corso del tempo, si sono naturalizzate. Raccogliamo la maggior parte dei semi nei boschi della Regione. La normativa europea obbliga a raccogliere i semi solo in determinate aree. Dei semi, una parte è seminata direttamente, una parte è lavorata. Si procede poi ai trattamenti termici e in seguito alla semina. Alla fine del processo abbiamo piantine di un anno di età, che possiamo decidere di distribuire, oppure di tenere per farne continuare la crescita, ma non oltre i due, tre anni. L’obiettivo è quello di produrre piante forestali per attività di forestazione: devono essere piccole per poterle trasportare facilmente».

Interventi di rimboschimento

«A noi – continua Ravanelli – si rivolgono sia privati sia enti pubblici per interventi di rimboschimento. Abbiamo anche assegnazioni gratuite, che ci possono essere richieste da scuole, Comuni e associazioni senza fini di lucro. Una parte delle piante, poi, è utilizzata direttamente da Ersaf per gli interventi di riforestazione nelle zone di pianura intorno ai perimetri cittadini. Nelle zone montane non vengono quasi più fatti. Lì il bosco si sta espandendo da solo: con la diminuzione delle attività agricole e di allevamento, molte aree vengono abbandonate, così che il bosco avanza da solo. È nata, invece, l’esigenza di creare ambienti verdi nelle cinture periurbane, per motivi ecologici, ambientali e di qualità della vita».

Gli effetti del cambiamento climatico

«Diversi studi – conclude Ravanelli – stanno analizzando gli effetti del cambiamento climatico sulle specie erbacee d’alta quota, che rischiano di scomparire perché il loro habitat si sposta verso l’alto, riducendo la superficie utile disponibile per le piante. A livello di piante forestali, notevoli cambiamenti si possono notare nella diffusione delle specie di pianura: una volta i terreni agricoli erano contornati da siepi e filari campestri, che l’agricoltura moderna ha eliminato, perché necessita di superfici molto più ampie. Lo chiamo deserto biologico: oltre alla superficie agraria non esiste nient’altro».

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