Un museo all’aperto di 120 specie arboree splende in Val di Scalve

La strada per arrivarci è già un inizio di vacanza, sia che si passi dalla Valle Camonica e dalla suggestiva via Mala, sia che si arrivi dal Passo della Presolana con i suoi panorami. Il viaggio vale tutti i chilometri e le curve che separano la Val di Scalve dal resto del mondo e hanno contribuito a preservarla così com’è. Verde, circondata da montagne magnifiche, costellata da piccoli centri vivaci, dove la gente si incontra al bar e dal panettiere e le giornate scorrono tranquille.

La strada per arrivarci è già un inizio di vacanza, sia che si passi dalla Valle Camonica e dalla suggestiva via Mala, sia che si arrivi dal Passo della Presolana con i suoi panorami. Il viaggio vale tutti i chilometri e le curve che separano la Val di Scalve dal resto del mondo e hanno contribuito a preservarla così com’è. Verde, circondata da montagne magnifiche, costellata da piccoli centri vivaci, dove la gente si incontra al bar e dal panettiere e le giornate scorrono tranquille.

Alla scoperta dell’Arboreto Alpino Gleno di Vilminore. Novantuno piante autoctone, le altre da tutto il mondo

Molti salgono alla diga del Gleno, pochi conoscono l’Arboreto Alpino Gleno di Vilminore, premiato da un noto sito internazionale di turismo con 5 stelle, il massimo dei voti. Con seimila metri quadrati e un percorso didattico, l’Arboreto è un museo all’aperto e vivo, dove crescono oltre 120 specie arboree diverse. «Novantuno sono autoctone, originarie delle Val di Scalve», spiega Pier Giorgio Capitanio, ideatore, proprietario e curatore dell’Arboreto. «Le altre provengono da diverse parti del mondo, come la sequoia gigante della California». Fotografo ora in pensione, Capitanio nel giro di una quindicina di anni ha realizzato un boschetto composto dalla stupefacente varietà di alberi locali: qui la biodiversità si tocca con mano e, soprattutto, si capisce davvero. «Nella valle sono state contate oltre 1.800 specie diverse di vegetali, quelle legnose sono tutte qua».

Un’opera del fotografo Pier Giorgio Capitanio, basata sulla catalogazione di Manfredo Bendotti della flora locale

Dal ciliegio selvatico all’ontano, dalla quercia al rovere, la betulla, il frassino, il sambuco, l’abete, il pino, larice. E poi le varietà di rododendro, rosa canina e erica, anche loro piante legnose e non semplici fiori di montagna. Ogni pianta è numerata e catalogata e corrisponde a una scheda fotografica con una breve descrizione botanica: è stato proprio il meticoloso lavoro di catalogazione della flora locale condotto agli inizi degli anni ’90 da Manfredo Bendotti, detto Mago a incuriosire e ad appassionare il fotografo, che sviluppava le sue diapositive, e poi a ispirare il lavoro di raccolta, questa volta non di immagini ma delle piante stesse. «Ho chiesto a Manfredo di portarmi gli esemplari, che ha prelevato con il permesso della Forestale. E li ho messi a dimora in quello che era un prato di famiglia».

Ciliegio selvatico, ontano, quercia, rovere, betulla, frassino, sambuco, abete, pino, larice e altre varietà

Il primo è stato il faggio, intorno al quale è stato costruito il centro dell’Arboreto, il Museo del legno, un edificio a forma quadrangolare di gusto orientale firmato dall’architetto Ivano Mancini. Qui vengono accolti i visitatori e le scolaresche, si svolgono laboratori, incontri e proiezioni, si ammirano le schede fotografiche corrispondenti alle piante e una piccola esibizione sulla diga del Gleno. Fuori, sotto una pergola di glicine, i grandi tavoli sono a disposizione per una sosta o un picnic, c’è anche la possibilità di fare il barbecue. Il tutto completamente a titolo gratuito, solo eventuali visite guidate sono a pagamento.

Laboratori, proiezioni, incontri al Museo del legno, grandi tavoli sotto una pergola di glicine

Senza nessuna sovvenzione, sostenuto solo dalla collaborazione degli amici, che cosa spinge a realizzare un lavoro così impegnativo, dispendioso e faticoso? «La passione per la natura – risponde Piergiorgio – e per la conoscenza degli alberi e della cultura del legno, che ha fatto la storia della Valle. La ricerca di Manfredo mi aveva incantato. Volevo fare in modo che anche gli altri potessero godere di quella bellezza». Dopo la raccolta, per molto tempo, dell’evanescente bellezza nelle immagini, la bellezza si fa concreta e viva nel legno degli alberi della Val di Scalve, pronta ad attraversare il tempo e a proiettarsi nel futuro, per chi verrà dopo.

Il Parco è disponibile per famiglie e turisti tutti i giorni (tranne il lunedì) dalle 11,30 alle 18. È possibile affittare l’area per feste e incontri privati. Un barbecue è a disposizione. Per informazioni e prenotazioni: tel. 329 6207960, [email protected].

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