Vestiti, l’85% dei capi
in discarica dopo l’uso

Tessuti di qualità scadente e breve durata. Nel mondo l’85% dei capi finisce in discarica: circa 21 miliardi di tonnellate all’anno. La vendita di abiti, invece, è aumentata del 60% in vent’anni. Lo rileva la Commissione economica per l’Europa delle Nazioni Unite, l’Unece: i dati sono del 2018. Intanto ogni capo è tenuto per la metà del tempo e, in media, il 40% dei vestiti non è indossato. Siamo passati da due a dieci collezioni all’anno.

È l’era della moda veloce, pensata per favorire l’aumento dei consumi, proponendo capi molto economici, realizzati con tessuti dalla qualità sempre più bassa e con margini di riciclo inesistenti.

spreco d’acqua e microfibre

La produzione di una maglietta di cotone, sempre secondo l’Unece, richiede 2.700 litri di acqua, la quantità che una persona beve in 2 anni e mezzo. Il 10% delle emissioni di anidride carbonica proviene dall’industria dell’abbigliamento, mentre il 24% degli insetticidi e l’11% dei pesticidi è impiegato nelle piantagioni di cotone, benché, nel mondo, coprano solo il 3% della terra coltivabile. La moda è la seconda causa d’inquinamento dopo il petrolio e, come rileva l’Unece, è responsabile del 20% dello spreco mondiale di acqua e di oltre mezzo milione di tonnellate di microfibre plastiche che, generate dalla lavorazione di tessuti sintetici, finiscono ogni anno negli oceani. Una persona su sei è impiegata in mansioni connesse all’abbigliamento, dove l’80% della forza lavoro è rappresentata da donne.

Arriva la raccolta porta a porta

Dal 1° gennaio 2025, con l’entrata in vigore della direttiva europea sull’economia circolare, anche i rifiuti tessili domestici, vestiti compresi, dovranno essere smaltiti separatamente attraverso la raccolta differenziata porta a porta, non più in campane come quelle gialle della Caritas. Le concessioni per la loro gestione, ora affidate a cooperative e realtà convenzionate, saranno riviste.

VESTITI PER 891.570 chili

La Cooperativa Ruah, a Bergamo e in 86 Comuni della provincia, raccoglie gli abiti delle 170 campane gialle, li seleziona, li igienizza e li rimette in circolo nei due punti vendita: il Laboratorio Triciclo e il negozio Rivestiti che, dopo otto anni a Seriate, da due si è trasferito in città, in via Broseta. «Nel solo 2019 sono stati 891.570 i chili di vestiario raccolti, di cui 15.323 chili gli abiti recuperati, ai quali si aggiungono le donazioni, che costituiscono il 90% di quelli proposti», spiega Federica Fassi, coordinatrice del Laboratorio Triciclo, il progetto dedicato a oggetti, arredi e abiti di seconda mano della Cooperativa Ruah. «Al recupero del tessile, nell’ottica dell’economia circolare, si uniscono finalità sociali: oltre a finanziare le attività della cooperativa, questa realtà impiega 13 persone, di cui due svantaggiate e una in borsa lavoro». «Sempre più spesso quanto raccogliamo ha una qualità tanto bassa da non poter essere più reimpiegato come tempo fa», osserva Federica Fassi. «I costi per lo smaltimento aumentano, anche perché le fibre tessili hanno una criticità specifica: intasano gli inceneritori».

Il Laboratorio Triciclo è aperto tutte le settimane, da martedì a giovedì dalle 14,30 alle 18 e il sabato anche la mattina dalle 9 alle 12, nella sede di via Cavalieri di Vittorio Veneto in zona Canovine, mentre il punto vendita Rivestiti di via Broseta 97/A è aperto da martedì a sabato, dalle 9,30 alle 12,30 e dalle 15,30 alle 19 (per ulteriori informazioni www.cooperativaruah.it, Laboratorio Triciclo Bergamo, Facebook Rivestiti).

I mercatini della Terza Piuma

Sostenibilità e fini sociali si incontrano anche nei progetti dell’associazione La Terza Piuma, che dal 2014 organizza mercatini dell’usato nei quartieri della città. «Valorizziamo chi vende abbigliamento, e non solo, di seconda mano – spiega la fondatrice Alessandra Gabriele – limitando, quindi, nuovi consumi, riducendo i rifiuti, promuovendo nuovi stili di acquisto». I mercatini promossi fino ad oggi a Borgo Palazzo, Longuelo e Valtesse sono 90. Vi sono passati almeno 25 mila visitatori in cinque anni, spendendo una media di 25 euro per volta: un totale di 630 mila euro risparmiati dai Comuni in beni e servizi di prima necessità per aiutare persone sostenute dai servizi di assistenza sociale.

A questo aspetto si aggiunge il valore umano, come racconta Alessandra: «Attorno ai banchetti ci sono persone che si sono incontrate e conosciute, hanno integrato il proprio reddito, consumato meno, reso più vivi quartieri e città, preferendo la piazza al centro commerciale». La Terza Piuma ha avviato anche Dressing Piuma, una sartoria artigianale dove si confezionano abiti con tessuti di alta qualità ma non conformi, perché, per errori di stampa o altre piccole imperfezioni, non possono essere venduti, o provenienti da campionari dei tappezzieri e del tessile per l’arredamento.

«La qualità è fondamentale»

«La qualità dei materiali è fondamentale. Non sarebbe possibile intervenire su capi provenienti dal “fast fashion”», conclude Alessandra. «Dato lo scarso livello delle materie prime, dei tagli e delle cuciture, ridare nuova vita a quei vestiti è quasi impossibile: raramente resistono a più stagioni nell’armadio e finiscono presto nei cassonetti».

I mercatini della Terza Piuma si tengono al sabato per due volte al mese. S i possono scovare capi d’abbigliamento vintage, giacche, anfibi in ottime condizioni, giubbini di pelle, borse, accessori di seconda mano, ma anche dischi, libri e molto altro. Ogni seconda settimana del mese, tranne a settembre, si può girare tra i banchi della piazzetta rossa di via Borgo Palazzo al numero 100, mentre la quarta ci si sposta a Longuelo, in largo Quarenghi davanti alla chiesa, per tutta la giornata e tutto l’anno, agosto escluso. Oltre ad acquistare, si può scegliere di diventare espositori, pagando una cifra che varia tra i 10 e i 12 euro (per ulteriori informazioni: www.laterzapiuma.it, Facebook La Terza Piuma).

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