Dimissioni dopo violenza morale
Il tribunale reintegra lavoratrice

Il tribunale del lavoro di Bergamo ha annullato le dimissioni di una lavoratrice «perché rese per effetto di violenza morale». Il caso - raccontato dalla Cgil - riguarda una donna che aveva lavorato per 20 anni all'ipermercato Auchan di Curno prima dell'episodio del 2009.

Il tribunale del lavoro di Bergamo ha annullato le dimissioni di una lavoratrice «perché rese per effetto di violenza morale». Il caso - raccontato dalla Cgil - riguarda una donna che aveva lavorato per 20 anni all'ipermercato Auchan di Curno prima dell'episodio del 2009. Ecco il comunicato stampa della Cgil.

«Al lavoro per Auchan da oltre 20 anni, sono bastate poche ore per restare ufficialmente senza occupazione: è la vicenda accaduta nel 2009 a G. B., addetta alle vendite all'ipermercato di Curno, fermata alla barriera antitaccheggio dal personale di sicurezza con l'accusa di avere sottratto un prodotto (il cui prezzo allo scaffale, tra l'altro, era di soli 6,90 euro) e di averlo nascosto nel proprio marsupio».

«Nel giro di 20 minuti, condotta "in una stanza appartata", alla presenza di alcuni addetti alla sicurezza e di un caporeparto, ha firmato le proprie dimissioni. Ora il Tribunale di Bergamo, con una sentenza pronunciata dal Giudice Angela Corvi il 22 marzo scorso, annulla le dimissioni e sancisce il "diritto ad essere riammessa al lavoro e a percepire le retribuzioni dalla data della sentenza"».

«"Quello che si è concluso in questi giorni è un caso che mi ha coinvolto in maniera particolare soprattutto perché ricordo bene la lavoratrice che venne da noi all'Ufficio Vertenze piangendo e ammettendo di aver fatto un grande errore cedendo alle pressione di quattro guardie giurate e del caporeparto e firmando le proprie dimissioni"» racconta Carmelo Ilardo, responsabile dell'Ufficio Vertenze Cgil di Bergamo.

«"Abbiamo subito inviato una lettera di revoca delle dimissioni, ma certo sapevamo, come poi si è verificato, che sarebbe stata una delle cause più difficili di questi anni: dimostrare di aver firmato le dimissioni contro la propria volontà è difficilissimo. Eppure è quanto è accaduto in questa vicenda. Sin dallo stesso pomeriggio di quel 4 luglio 2009 la lavoratrice ha ricevuto la raccomandata di riscontro di dimissioni, a tempo di record"».

«Nell'ottobre 2009 il caso è arrivato alla Direzione Provinciale del Lavoro per il tentativo obbligatorio di conciliazione (che allora ancora esisteva): alla convocazione Auchan non si è presentata. Successivamente la vicenda è stata affidata all'avvocato Piero Boiocchi che ha presentato ricorso nel maggio del 2010».

«"Dall'istruttoria - si legge nella sentenza - non è stato possibile stabilire che cosa sia accaduto il pomeriggio del 4 luglio 2009 prima del fermo della ricorrente da parte del personale di sicurezza della Auchan, e cioè se G. B. si sia effettivamente appropriata" del prodotto "senza pagarlo" - come sostiene la resistente - o se contro la stessa siano state fabbricate false prove per costringerla a lasciare il posto di lavoro, come pretende la ricorrente. Al contrario le dichiarazioni del teste C. - all'epoca addetto alla sicurezza - offrono un quadro chiaro e preciso dei fatti avvenuti successivamente».

«"Condotta in una stanza appartata" tra i vari addetti alla sicurezza "uno di questi due accusò la ricorrente di aver rubato qualcosa e le intimò di firmare le dimissioni, altrimenti avrebbero chiamato i Carabinieri. La ricorrente firmò allora un foglio di dimissioni, dopo averlo riempito sotto dettatura. (…) Se questi sono i fatti, le dimissioni della ricorrente vanno annullate perché rese per effetto di violenza morale. (…) Lo scopo cui miravano De C. e G. (addetti alla sicurezza) minacciando l'intervento dei Carabinieri era chiaramente quello di ottenere le dimissioni della B., così rendendo superflua l'apertura di un procedimento disciplinare a suo carico" si legge sempre nella sentenza».

«"(…) Le dimissioni del lavoratore rassegnate sotto minaccia di licenziamento per giusta causa sono suscettibili di essere annullate per violenza morale solo quando venga accertata l'inesistenza del diritto del datore a procedere al licenziamento (…). Ebbene questo diritto non sussiste non solo quando manca l'inadempimento del dipendente ma pure quando difettino gli altri presupposti per procedere al licenziamento, e in particolare la proporzionalità, quando si tratti di licenziamento disciplinare. E nel caso di specie vi era un'evidentissima sproporzione fra il fatto addebitato a B. e l'estromissione dall'azienda di una dipendente che in oltre vent'anni non aveva mai subito alcuna contestazione disciplinare di sorta».

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