Confidi: i prestiti alle imprese
in Bergamasca crollati del 32%

Un crollo tanto dei finanziamenti (-32%) quanto delle garanzie (-30%), e del tutto imprevisto. Non solo per un problema di «credit crunch», cioè di stretta del credito da parte delle banche, ma anche per effetto di un calo della domanda da parte delle imprese.

Un crollo tanto dei finanziamenti (-32%) quanto delle garanzie (-30%), e del tutto imprevisto. Non solo per un problema di «credit crunch», cioè di stretta del credito da parte delle banche, ma anche per effetto di un calo della domanda da parte delle imprese. O, meglio: la domanda c'è, ma solo per la liquidità a breve, mentre è scarsa per gli investimenti. È il bilancio 2012 relativo alla nostra provincia di Confidi Lombardia (l'organismo confindustriale cui fanno capo 10 province lombarde), illustrato dal presidente, il bergamasco Giovanni Grazioli, e dal direttore della sede di Bergamo Claudio Gervasoni.

Qualche numero. Comprendendo tutto il Confidi Lombardia, i finanziamenti dal 2011 al 2012 sono scesi da 376 a 250 milioni (-33,6%); le garanzie da 117 a 83 milioni (-29%). Nell'area di Bergamo (che pesa per il 27% del totale), i finanziamenti sono calati da 100 a 67 milioni (-32,6%), e le garanzie da 30,8 a 21,3 milioni (-30,5%). Qui è significativo il fatto che i fidi a breve termine (29,3 milioni) abbiano scavalcato il finanziamento della liquidità a medio lungo termine (24,2 milioni) e che i finanziamenti per investimenti si siano addirittura dimezzati (a 12 milioni dai 23,2 dell'anno precedente). Il leasing è poi scomparso, e l'unica voce - se pur marginale - a crescere è il finanziamento della liquidità aziendale a breve termine (1,4 milioni). La fetta più consistente dei fidi è andata alla meccanica (23,5 milioni); quindi l'edilizia (12,4), il commercio (4,2), l'abbigliamento (3,7), i servizi (3,6), i servizi commerciali alle imprese (3,2), il legno (2,4), il cartario (2,2). L'insoluto netto è stabile (a quota 15%).

«È stato - commenta Grazioli - un anno molto difficile per l'accesso al credito, e non certo per nostra volontà, tant'è vero che, ad inizio 2012, avevamo previsto volumi pari o addirittura superiori del 10% rispetto al 2011. Chiudiamo, invece, l'anno con una riduzione del 30% su scala regionale e del 32% a livello provinciale». Ma la causa è duplice: non c'è solo una maggiore prudenza del sistema bancario nei confronti delle richieste delle imprese ma anche una riduzione delle domande stesse da parte delle aziende. «La domanda per gli investimenti è crollata - continua il presidente - mentre hanno retto i fidi e la liquidità aziendale a breve termine».

Di conseguenza - spiega Gervasoni - il livello di attenzione da parte delle banche è cresciuto perché la richiesta di liquidità vuol dire «che c'è difficoltà a gestire la finanza aziendale per il fabbisogno ordinario, il che presenta maggiori rischi per le banche».

Nonostante ciò, «il Confidi Lombardia - continua Grazioli - ha continuato a garantire un importante flusso di denaro alle imprese». È migliorata la situazione economica e patrimoniale dell'ente, «il che ci consente di essere un interlocutore serio e affidabile». In una fase come l'attuale, infatti, le garanzie poste dal Confidi sono determinanti per la concessione dei finanziamenti: «Sempre più spesso la banca - sottolinea Gervasoni - condiziona l'erogazione del finanziamento alla presenza di una garanzia da parte di un Confidi vigilato come il nostro. Quindi, è la banca stessa a segnalarci i casi da gestire». «Abbiamo una accresciuta responsabilità - dice Grazioli - nei confronti tanto delle imprese quanto delle banche, ed è per questo che la nostra valutazione è più attenta rispetto al passato. Persino per l'operatività ordinaria c'è un ricorso sempre più esteso alla garanzia del Confidi».

E il 2013? «Nei primi mesi - dice Grazioli - si prevede un timido ritorno alla domanda; per questo pensiamo nel 2013 di aumentare le garanzie a 25 milioni dai 21 del 2012». E Gervasoni: «Notiamo una tendenza delle banche a concedere più prestiti. In fondo, è il loro mestiere. Oggi hanno riserve di liquidità enormi non impiegate. Alla fine, investire nelle attività imprenditoriali può generare un ritorno oltre che aiutare la ripresa economica».

Pier Luigi  Saurgnani

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