Bergamo, boom di false partite Iva
I sindacati: è la legge Fornero

È stato il conseguente effetto della promulgazione della Legge Fornero: in un momento storico in cui il lavoro è sempre di meno, i contratti atipici cominciano a risentirne e c'è stato un incremento delle cosiddette «false» partite Iva.

Il lavoro è ai minimi storici. E anche i contratti atipici cominciano a risentirne, con un deciso calo a fine 2012 che ha coinvolto soprattutto il contratto a progetto, la forma di assunzione più in crisi, con un calo in provincia di Bergamo attorno al 16% a fine 2012 essendo passato da un totale di 7.294 contratti a progetto stipulati nel 2011 a 6.141 sottoscritti alla fine dell'anno passato.

Il motivo è da leggersi in una crisi economica sempre più dilagante e nella difficoltà e nella poca volontà da parte delle imprese di investire su una risorsa umana che oggi presenta costi esorbitanti per le imprese. Con il conseguente effetto, verificatosi soprattutto dopo la promulgazione della Legge Fornero, di avere un incremento delle cosiddette «false» partite Iva.

Un fenomeno che, stando alle considerazioni effettuate dalla Nidil-Cgil, sembra aver preso sempre più piede. «Nel corso del 2012, soprattutto verso la fine dell'anno, quando le aziende hanno dovuto decidere se rinnovare i contratti atipici e soprattutto quelli a progetto, si è verificato un boom di persone che sono venute da noi per informarsi sull'apertura della partita Iva – racconta Giuseppe Errico, responsabile Nidil Cgil di Bergamo –: tra novembre e dicembre dell'anno scorso c'erano almeno 3-4 persone al giorno che venivano a farmi domande su ciò che avrebbe comportato l'apertura di una partita Iva».

Soggetti che, però, non avevano nessuna intenzione di mettersi in proprio, semmai «costretti» dal mercato a trasformare il proprio contratto a progetto, in scadenza, in una partita Iva per continuare ad esercitare il mestiere per cui avevano studiato e che era la loro passione o semplicemente per proseguire il rapporto di lavoro in essere fino al giorno prima. Una condizione che «non è accettabile – prosegue il sindacalista –: la partita Iva dev'essere una scelta, non un'"imposizione" per poter lavorare».

Per saperne di più leggi L'Eco di Bergamo del 19 agosto

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