Bergamo, consegne e pasti a domicilio
Vita da «rider» a 5 euro lordi a viaggio

Qualche centinaio, secondo le stime della Cgil, i giovani che effettuano le consegne a Bergamo. Più si è disponibili a lavorare, maggiori le possibilità di essere chiamati.

Il ritrovo - solitamente - è in largo Nicolò Rezzara: se ci passate intorno all’ora di pranzo o di cena vi capiterà di vedere qualche «rider» in sella alla propria bici in sosta nei pressi della fontana, in attesa di ricevere direttive. Questa è solo una piccola fetta di quella che si chiama «gig economy», dove il rapporto di lavoro - allo stesso modo di chi ordina una pizza o un hamburger - passa attraverso piattaforme on line. In questo caso, applicazioni, con cui varie aziende - locali e nazionali, ma soprattutto grandi gruppi stranieri - gestiscono le consegne a domicilio di cibo. Il ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, ha incontrato alcune di queste società (Deliveroo, Domino’s Pizza, Foodora, Glovo, Just Eat, Moovenda, Social Food e Uber Eats), con l’obiettivo di dar vita ad un tavolo per allargare le tutele ai rider-fattorini. Tutto bene, ma il segretario generale aggiunto della Cisl, Luigi Sbarra, ha sottolineato che «occorre coinvolgere il sindacato confederale».

Ma vediamo come funziona questa attività. Prima a sbarcare sulla piazza di Bergamo - dove, secondo le stime della Cgil, è presente qualche centinaio di rider - è stata l’italiana Food Racers (nata nel 2015), a cui si sono affiancati colossi come Just Eat e Deliveroo, quest’ultimo attivo nella nostra provincia dal 23 ottobre dell’anno scorso. Nessuno scambio di denaro, ci pensa l’App. Ma dove sta il guadagno? «Al ristoratore è trattenuta una quota e il cliente paga un costo per il servizio che, a seconda delle società, si aggira intorno ai 2,50 euro», spiega Francesco Chiesa di Tool Box Cgil. Il rider, invece, quanto prende? «Dipende: se ha un contratto orario, anche se non effettua consegne, viene pagato la cifra pattuita, ovvero 8 euro lordi l’ora se viaggia in scooter, 7 euro se si sposta in bici - precisa il sindacalista -. Cifre a cui si aggiunge una piccola indennità di trasporto. Se si opta per il pagamento alla consegna, sono 5 euro lordi». I fattorini sono lavoratori autonomi pagati con ritenuta d’acconto e se sforano il tetto dei 5 mila euro annui di compenso, di norma viene chiesto loro di aprire la partita Iva.

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