Due milioni di lavoratori in nero
Evasione da 25 miliardi di euro

Ogni anno circa due milioni di persone lavorano «in nero», «completamente sconosciuti alle autorità».

E producono, afferma un’analisi della Fondazione studi dei consulenti del lavoro basata sull’attività ispettiva del ministero del Lavoro, dell’Inps e dell’Inail del 2014 e dei primi sei mesi 2015, un’economia sommersa dal valore di «41 miliardi e 837 milioni e un’evasione di imposte e contributi per 25 miliardi». La crisi non ha certo aiutato a debellare questa economia parallela a quella ufficiale.

Il fenomeno del lavoro sommerso, evidenziano i consulenti del lavoro, continua a esser rivelante nel nostro Paese, anzi non è mai stato debellato. Durante il 2014 sono state ispezionate 221.476 aziende dal ministero del Lavoro, dall’Inps e dall’Inail. Un’attività che ha sollevato il velo su «77.387 rapporti di lavoro non denunciati. La percentuale è del 34,94%». Nel primo semestre dell’anno in corso, invece, «è andata un po’ meglio, ma su 106.849 imprese passate al setaccio sono stati individuati circa 31.394 occupati totalmente “in nero”, ossia il 29,38%».

Lavorano «in nero» il 12,8% dei muratori sulle impalcature dei cantieri, oltre un bracciante su cinque e quasi una colf su tre, così come il 16,1% di cuochi e camerieri. La diffusione del sommerso è alta soprattutto tra i lavoratori più giovani (tocca il 21,3% sotto i 25 anni) e i più anziani (è del 23,2% tra i 55 e i 64 anni e schizza al 36,7% per gli over 65). La probabilità di lavorare «in nero» è maggiore per le donne che per gli uomini e aumenta col diminuire del livello di istruzione.

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